“Avevo paura per l’incolumità di mia figlia. Quelle lettere si riferivano pure ad aspetti privati della sua vita, come quando vinse i mondiali di ginnastica ritmica. Ero ossessionato e per questo la accompagnavo in palestra tutti i giorni, guardandomi sempre intorno”.

Ha la voce fioca e tremante, M.R., stabiese doc, ascoltato stamattina come teste al Tribunale di Torre Annunziata nel processo a carico di Raffaele Piccolo, il poliziotto della postale accusato dal pm Barbara Aprea di essere lo stalker dei vip.

Nella “rete” di Piccolo finirono pure l’ex centravanti del Napoli e della Juve, Fabio Quagliarella, e l’artista caprese Guido Lembo. Entrambi, costituitisi parte civile, deporrano dinanzi al giudice monocratico Maria Rosaria Aufieri a settembre, alla ripresa del processo per far luce su quelle lettere anonime, mail ed sms farciti di insulti, ma con dettagli personali che acuivano tensioni e paure. Forse anche le loro.

Dettagli carpiti dallo stalker, secondo l’accusa, con una tecnica semplice:  fingersi amico delle sue potenziali vittime, rassicurandole poi che le denunce, essendo uno della “postale” di Napoli, le avrebbe curate proprio lui.

Nella “rete” avvocati, vip ma pure gente comune come G.D.R. (anch’egli parte civile), il miglior amico di Quagliarella, che a novembre raccontò a processo di lettere spedite “nelle sedi dell’Udinese, della Samp e della Juve. Tutte squadre in cui Fabio ha giocato”. Missive che “parlavano di festini e contatti con la camorra”. Tutto inventato, tutto falso. Il perché lo stabiliranno i giudici, aiutati anche da testimonianze illustri. Come quelle di Fabio Quagliarella e di Guido Lembo. Entrambi attesi in Tribunale dopo l’estate.  

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