“L’assassinio di Matilde Sorrentino fece troppo scalpore e Umberto Onda disse che doveva essere vendicato. Ma c’era chi non era d’accordo perché era solo un ragazzino. E’ stato fortunato ad essere stato arrestato, altrimenti sarebbe sicuramente morto”. E’ il resoconto di un summit del clan Gionta dopo l’omicidio di Mamma Coraggio.

Un particolare rivelato nel corso dell’udienza di oggi da Vincenzo Saurro: presso la Corte d’Assise di Napoli il collaboratore di giustizia ha riferito al pm Pierpaolo Filippelli di aver partecipato al quell’incontro in cui Umberto Onda, uno degli killer più spietati del clan, si fece promotore per rispondere col sangue a quell’efferato omicidio. “Alcuni però cercarono di frenare il desiderio di vendetta – ha proseguito Saurro - perché Alfredino era ingenuo ed era stato comandato dall’alto. Quando poi uscii dal carcere venni a sapere da Liberato Guarro e da Gennaro Longobardi che Matilde era stata assassinata da Alfredino per conto di Tamarisco”.

Una morte che scatenò poi l’inferno per le strade di Torre Annunziata, sancito tramite un accordo tra i reggenti del clan Gionta e quelli dei Gallo – Cavalieri, per uccidere chi fosse coinvolto negli orrori del Rione Poverelli. La camorra di Torre Annunziata era già pronta per dare una risposta decisa contro i pedofili del quartiere. Ai Gallo Cavalieri il compito (portato a termine, ndr) di eliminare Pasquale Sansone e Ciro Falanga. I due omicidi avvennero a distanza di appena 12 ore: erano ritenuti tra i partecipanti alle rete di pedofili svelata dalle indagini ma nel frattempo erano stati rimessi in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare, nonostante fossero stati condannati rispettivamente a 15 e 13 anni di reclusione.

C’era anche una terza persona nel mirino, appartenente alla famiglia dei “quaglia quaglia”. Toccava ai Gionta eliminarlo, ma il clan non riuscì nell’intento. Dettagli che verranno rianalizzati in sede di controesame nella prossima udienza, in programma martedì 3 marzo.  

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