Una “Eredità di coraggio” lunga 20 anni. Al teatrino San Francesco di Sales si è chiuso il ciclo di incontri per ricordare Matilde Sorrentino, assassinata dalla camorra a Torre Annunziata.

“Vedere il video e ascoltare le testimonianze a me commuove – dice commosso Don Antonio Carbone, ex rettore dei Salesiani di Torre Annunziata -. Io sono rimasto profondamente colpito. Al funerale e al trigesimo di Matilde c’era poca gente. In questa storia, un’altra cosa brutta è che coloro che furono i mandanti di questo terribile omicidio stavano sotto processo ma avevano libertà sul territorio. Invece i ragazzi abusati furono tutti allontanati.  Cioè, gli assassini li dovevamo tenere qui in giro e le vittime rinchiuse. Fu un’ingiustizia. A questo proposito mi vengono sempre in mente le parole del Giudice Filippelli che dice “non solo le mamme devono amare i propri figli ma anche le Istituzioni devono amare i propri figli.  In questa città ci dobbiamo svegliare! Mamma Matilde mi ha dato una grande forza e da anni porto avanti le mie battaglie nel suo ricordo”.

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A partecipare all’evento sono stati in tanti: autorità, studenti e associazioni. Per raccontare e descrivere i tragici eventi che portarono all’uccisione di Matilde Sorrentino c’erano Don Gino Cella, Don Antonio Carbone, Raffaella Ruocco del Centro antiviolenza Proodos cooperativa sociale, e l’avvocato Elena Coccia. Ad aprire l’evento è stato un video realizzato dai ragazzi delle cooperative. Nella pellicola i ragazzi hanno riprodotto la serie di eventi, che vanno dalle preoccupazioni di una madre al momento della denuncia, che portarono al tragico epilogo: gli ultimi attimi di vita di Matilde Sorrentino.

Ad intervenire e raccontare i fatti è intervenuta anche Elena Coccia, avvocato della famiglia Sorrentino. “Torre Annunziata è una città meravigliosa – comincia- aveva tante industrie che davano lavoro e davano dignità perché il lavoro da dignità e libertà. Hanno però deciso altrove che questa città non doveva avere più queste industrie. Mi trovavo al tempo a difendere i diritti dei lavoratori che persero il lavoro con la chiusura di quelle attività. Mi chiesero di difendere queste donne che avevano fatto un atto rivoluzionario: avevano denunciato i boss della camorra. Matilde è morta perché aveva fatto due atti rivoluzionari. Matilde oggi deve significare il riscatto di questa città”.

“Matilde Sorrentino è morta perché si è occupata di felicità – racconta invece Raffaella Ruocco -. Quello che ha fatto Mamma Matilde è stato occuparsi di ridare felicità a quei ragazzi che a causa di quegli abusi la felicità l’avevano persa. In questo territorio ognuno deve fare la propria parte. Non dobbiamo mai girarci dall’altra parte. Dobbiamo fare proprio come ha fatto Matilde, dobbiamo avere lo stesso coraggio”.

“È di estrema importanza ricordare Matilde Sorrentino perché Matilde è qualcosa che proietta in avanti – dice invece Don Gino Cella – Matilde serve a raccordare il passato con il futuro”.    (Rita La Monica)

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