Moglie e suocera di un boss del clan Gionta hanno incassato per 15 anni il vitalizio che tocca alle vittime di camorra. Una truffa allo Stato dal sapore di sfida portata avanti prima occultando la presenza del marito ingombrante e poi fingendo una separazione che non c'è mai stata. 

Dopo la scoperta della Guardia di Finanza che ha sequestrato a Torre Annunziata 166 mila euro alla famiglia del pregiudicato, in carcere dal 2017, ad intervenire è don Tonino Palmese. "Nell'apprendere del vitalizio per vittime di camorra ricevuto da moglie e suocera di un affiliato al clan Gionta, il nostro primo e unico pensiero va ai familiari di tutte le vittime innocenti della criminalità che non hanno mai goduto dei benefici previsti dalla legge per via di parentele o affinità con persone coinvolte in fatti criminali di cui spesso le stesse vittime ignoravano persino l'esistenza". Così, in una nota, don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis della Regione Campania.

"Da anni portiamo avanti una battaglia finalizzata a un duplice obiettivo: da un lato, fare in modo che tutte le vittime innocenti dei reati intenzionali violenti abbiano pari dignità giuridica, sulla base di quanto ci viene prescritto dalla normativa europea; dall'altro, garantire i benefici previsti dalla legge a tutte le vittime innocenti della violenza criminale. Quanto appurato in merito al vitalizio ai familiari di un boss ci lascia senza parole, ma nello stesso tempo ci dà la spinta a proseguire il nostro impegno con rinnovato vigore. Lo dobbiamo alle tante vittime innocenti della criminalità della Campania. E in modo particolare a quelle che non hanno ottenuto ancora giustizia", conclude don Tonino Palmese

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