“Morta per un’emorragia”. Rinviati a giudizio i medici che operarono Tommasina De Laurentiis
La famiglia si costituisce parte civile: “Ringraziamo il pm e la Procura di Torre Annunziata”
23-09-2015 | di Salvatore Piro
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Torre Annunziata. “Tommasina De Laurentiis è morta all’ospedale di Boscotrecase per un motivo: una forte emorragia, durante l’operazione, scoperta con gravissimo ritardo dai medici. A Tommasina tranciarono due vene: la cava inferiore e l’aorta addominale”. E’ l’una in punto in Tribunale. Il pm della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, Barbara Lauri, chiede al gup Emma Aufieri il rinvio a giudizio per concorso in omicidio colposo di tre medici: l’ex primario del reparto di chirurgia dell’ospedale “Sant’Anna” di Boscotrecase, Roberto Palomba, e i suoi assistenti Antonio Venderosa e Alberto Vitale, imputati con il primo di “negligenza, imprudenza e inescusabile ritardo – così oggi il pm in aula – nella diagnosi della forte emorragia” che per l’accusa provocò l’8 marzo 2013 la tragica fine della giovane mamma 25enne oplontina. Rinvio a giudizio accolto, si andrà a processo.
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Ma Tommasina De Laurentiis non c’è più, morta “per due arterie tranciate alle quali – secondo l’esito delle due super-perizie svolte sul suo corpo dopo due anni di fitte indagini - si cercò di rimediare con un secondo intervento. Palomba suturò in profondità, applicando una grandissima quantità di punti, usando una pinza di camplaggio per chiudere il vaso sanguigno e numerosi fili di vieryl. Gli altri medici, con lui in sala operatoria, avrebbero dovuto vigilare”. Un intervento di routine alla colecisti finito in tragedia “che Palomba cercò di coprire, falsificando la cartella clinica per guadagnarsi l’impunità”. Anche di questo e solo il primario 67enne, ex consigliere comunale a Torre del Greco, dovrà rispondere a processo.
“E’ l’accusa più infamante per un professionista del suo calibro”, risponde in Tribunale al pm il suo avvocato, Orazio Cicatelli, che rincara la dose parlando di “processo mediatico” e di un “iter contorto”, riaperto dalle dichiarazioni di uno dei tre anestesisti inizialmente sott’inchiesta con altri cinque infermieri. Posizioni tutte archiviate. Ma tutti in sala operatoria quel maledetto venerdì 8 marzo. Giorno della festa della donna.
Giorno in cui Tommasina De Laurentiis moriva “per due arterie tranciate”, lasciando soli un marito muratore Alfonso Formisano (parte civile a processo con la suocera Elvira e il cognato, Francesco Pacifico, assistiti dall’avvocato Gennaro Ausiello) e una figlioletta, Mariachiara, di soli 4 anni. Salutata per l’ultima volta, come sempre, con un bacio sulla fronte da mamma Tommasina, a casa, in via Ernesto Cirillo. Era l’8 marzo 2013, pieno giorno. Poco prima di entrare in quella maledetta sala operatoria.
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