Morte in corsia, parla il medico aggredito: “Era una caccia al camice bianco”
Davide Bergamo, chirurgo all’ospedale di Boscotrecase: “Le intimidazioni sono frequenti”
19-02-2019 | di Gianluca Buonocore
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“E’ stata follia pura, una vera e propria caccia al camice bianco”. Comincia così il racconto del dottore Davide Bergamo, otorinolaringoiatra aggredito ieri dalla furia dei parenti della 55enne Anna Verso. La donna è deceduta all’ospedale di Boscotrecase per cause ancora da chiarire.
IL RACCONTO. “Ho udito urla e strepiti e ho raggiunto il reparto di medicina d’urgenza – ha dichiarato il dottor Bergamo - Alcuni energumeni hanno provato ad entrare in una delle stanze dove sono situati alcuni importanti macchinari. Ho solo provato a calmarli, ma sono stato colpito da tre pugni alla testa”.
IL RITORNO IN OSPEDALE. Il day after all’ospedale di Boscotrecase non è stato per nulla semplice. Il reparto porta ovviamente ancora i segni degli atti di teppismo di ieri. Una situazione che lascia ancora di sasso l’otorinolaringoiatra. “In 39 anni è la prima volta che vengo aggredito, malgrado l’esperienza avuta in pronto soccorso. E’ stata follia pura. Chi fa questo mestiere abbraccia le difficoltà e le paure dei pazienti e dei familiari, ma non la stupidità degli altri”.
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IL TERRORE DEI PAZIENTI. Il pensiero del dottor Bergamo è rivolto agli altri pazienti del reparto. “Ciò che più interessava a noi era la loro salvaguardia, poiché non c’entravano niente. Stamattina alcuni erano ancora terrorizzati”. L’intervento perentorio da parte dei medici di guardia, ha però, scongiurato danni ai macchinari. “Come è ben evidente ci sono porte divelte e armadietti danneggiati. Per fortuna non ci sono stati danni più importanti. Per avere alcune di queste attrezzature abbiamo dovuto attendere anni”.
LA RIFLESSIONE. Il medico, ormai a 6 mesi dal pensionamento si lascia poi andare a un ultimo sfogo. “Dopo questo accaduto, dipendesse da me, dovrebbe essere abbattuto l’ospedale con tutta la città. Purtroppo, però, il mio mestiere non mi consente di abbandonare i colleghi, già costretti a operare con un organico ridotto all’osso. Noi riprendiamo a lavorare in maniera ordinaria, ma viviamo uno stato di intimidazione frequente”.
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