Omicidio Antonio Morione: la banda di rapinatori tradita da un foglietto bianco
Passati al setaccio frame e video di quella notte in cui morì il pescivendolo di Boscoreale. A rischiare la vita fu anche il fratello
19-02-2025 | di Marco De Rosa

VERSIONE ACCESSIBILE DELL'ARTICOLO
Incastrati da un foglietto bianco sul cruscotto di una delle loro auto. È questo uno tra i particolari più rilevanti emersi nel corso dell’ultima udienza del processo sull’omicidio di Antonio Morione, avvenuto il 23 dicembre 2021 nella sua pescheria di Boscoreale. Un dettaglio semplice ma fondamentale per comprendere la dinamica di quella tragica notte e identificare i responsabili.
Ad aprire l'udienza è stato l'ispettore Citro della Polizia di Torre Annunziata, che ha illustrato le indagini sulla Renault Megane di Francesco Acunzo, uno degli imputati assieme a Luigi Di Napoli, Giuseppe Vangone e Angelo Palumbo. Citro ha descritto l'episodio in cui l'auto si ferma a un distributore di via Settetermini, quando Acunzo si ferma per riempire una tanica, presumibilmente utilizzata per incendiaria la Fiat 500 con cui avevano compiuto le rapine e ritrovata poi bruciata in via Montessori, nel Piano Napoli a Boscoreale. Questo dettaglio si è rivelato cruciale per ricostruire il percorso della banda prima e dopo i delitti.
Successivamente, è stato il turno del colonnello Simone Rinaldi, ex capo del nucleo investigativo dei carabinieri di Torre Annunziata, che ha presentato una ricostruzione dettagliata delle indagini. Utilizzando circa 130 tra fotogrammi e video, Rinaldi ha messo insieme i pezzi del puzzle, mostrando come il gruppo di rapinatori fosse responsabile dell'omicidio di Morione. Un quinto membro, tuttora non identificato, avrebbe partecipato attivamente al crimine, alla guida della Fiat 500 utilizzata nelle rapine.
Il colonnello ha in particolare evidenziato come la base operativa della banda si trovasse in via Sepolcri, una zona facilmente sorvegliabile. Attraverso un'analisi minuziosa dei fotogrammi, è stato possibile riconoscere i componenti della banda grazie a caratteristiche distintive come le movenze, l'altezza (ricostruita tramite un laser scanner dei Ris di Roma) e i dettagli sull'abbigliamento. Ma uno degli elementi chiave per l'identificazione è stato un foglietto bianco trovato sul cruscotto della Renault Megane, vicino al parabrezza, che ha permesso di tracciare uno dei veicoli usati dai rapinatori durante le operazioni.
La ricostruzione dell'omicidio ha messo in luce un episodio che avrebbe potuto provocare ben due vittime. Se Antonio Morione è stato ucciso mentre difendeva la sua pescheria, qualche minuto prima suo fratello Giovanni è stato a un passo dalla morte. Un colpo di pistola, esploso da Luigi Di Napoli dall'esterno della pescheria "La Rosa dei venti", ha colpito la parete sopra la testa di Giovanni, sfiorandolo di un metro. Un altro sparo, secondo l'accusa, è stato esploso da Giuseppe Vangone fuori dalla pescheria "Il Delfino", creando ulteriori prove a carico della banda.
Tutti questi dettagli saranno ulteriormente analizzati nelle prossime udienze, a partire da quella fissata per aprile, quando si prevedono ulteriori sviluppi e testimonianze cruciali. Intanto, la speranza è che il processo possa finalmente fare piena luce su un omicidio che ha scosso profondamente le comunità di Boscoreale e di Torre Annunziata e non solo, facendo emergere le dinamiche di una banda spietata che ha agito senza scrupoli.
Sondaggio
Risultati
