La corte di assise di appello di Roma ha condannato a 15 anni e due mesi di carcere Lee Elder Finnegan e a 11 anni e 4 mesi Gabriele Natale Hjorth, i due studenti americani accusati dell'omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega avvenuto a Roma nel luglio del 2019.

La corte nell'appello bis ha applicato ai due uno sconto di pena. Per i due imputati la Cassazione aveva disposto un nuovo processo di secondo grado. In particolare i Supremi giudici avevano annullato per Elder la condanna a 24 anni con rinvio sulle circostanze aggravanti e sulla sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Per Hjorth, che era stato condannato a 22 anni, l'annullamento con rinvio riguardava l'accusa di concorso in omicidio. I giudici dell'assise di secondo grado hanno assolto Elder dall'accusa di resistenza a pubblico ufficiale con la formula "perché il fatto non sussiste".

"Si tratta di un ridimensionamento assai importante in termini di pena, dimezzata. Siamo passati da 22 anni a 11 anni ed è per noi una soddisfazione. C'è stato un ridimensionamento soprattutto sotto il profilo della responsabilità perché il riconoscimento del concorso anomalo significa sostanzialmente passare dal dolo alla colpa". E' quanto afferma l'avvocato Francesco Petrelli, difensore di Gabriele Natale Hjorth dopo la sentenza di appello bis per la morte di Cerciello Rega a 11 anni e 4 mesi. "Al ragazzo gli si muove solo un rimprovero per non avere previsto quello che sarebbe potuto accadere e degenerare in un modo così drammatico. Leggeremo le motivazione ma sicuramente ricorreremo in Cassazione", aggiunge il penalista. 

"Ci sono voluti 5 anni e 5 differenti gradi di giudizio per chiarire che i due ragazzi non sapevano di avere di fronte due carabinieri. La decisione pronunciata oggi ha evidenziato una qualificazione giuridica delle condotte di quella tragica sera certamente più aderente alle effettive responsabilità di Finnegan. Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza, ma possiamo affermare che il riconoscimento di uno dei punti fondamentali del processo, vale a dire che Elder non abbia potuto conoscere lo status di appartenente alle forze dell’ordine del vicebrigadiere Cerciello, consente di leggere i fatti in modo diverso. Dispiace aver dovuto attendere ben cinque gradi di giudizio per vedere riconosciuto ciò che il ragazzo americano ha detto sin dal primo interrogatorio”, dichiarano gli avvocati difensori di Elder Renato Borzone e Roberto Capra dopo la lettura della sentenza del nuovo processo d’Appello

A commentare la sentenza anche il padre di Elder Finnegan. “Non c’è stato giorno in questi cinque anni di carcere che non abbiamo pensato a quello che è successo. Non bisogna dimenticare che questo processo è collegato alla tragedia della morte di una persona, al lutto della sua famiglia e anche di tutti noi.  Abbiamo comunque ritenuto giusto continuare a cercare di fare emergere la verità dei fatti per essere in qualche modo d’aiuto per Finnegan: mio figlio, fin dal primo momento, ha dichiarato che non aveva capito che erano carabinieri e di aver reagito ad un tentativo di bloccaggio. Ma non riusciva a darsi pace perché nessuno gli credeva. Mi auguro che, pur pagando per l’errore commesso, si apra per lui anche una speranza di vita per il futuro.”

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