“Cancellai il video dopo avere ricevuto minacce da Giorgio Scaramella. Sentivo di essere in pericolo e quindi dissi a mio fratello Alessandro di fare lo stesso e di cancellare ogni traccia dei frame anche dal suo cellulare. Dopo l’omicidio andai in quel ristorante a Trecase perché volevo chiarire con gli Scaramella. Non ero tranquillo, avevo paura”.

Per la prima volta al banco dei testimoni c’è Pierluigi Savarese, titolare dell’autorimessa in via IV Novembre in cui è avvenuto l’omicidio di Maurizio Cerrato, il vigilante degli Scavi di Pompei ammazzato con una coltellata letale al cuore il 19 aprile 2021 dopo una lite per un parcheggio.

Il gestore del garage, dinanzi al giudice Riccardo Sena, ha spiegato i motivi della sua iniziale reticenza. "Giorgio mi disse testuali parole 'Guarda che ne ho anche per te. Se non ti fai i fatti tuoi non ti faccio più aprire l'attività'. Avevo installato le telecamere di videosorveglianza nel parcheggio dieci giorni prima dell'aggressione. Non c'erano nè fili nè Dvr, bastava il wifi per metterle in funzione. Prima di cancellare il video dell'omicidio decisi di guardarlo per capire cosa fosse successo - spiega Pierluigi Savarese - Non ho visto chi ha accoltellato Maurizio, è successo tutto in fretta. Pensavo di non avere le immagini sul telefono perchè ero convinto di dover premere un bottone per avviare la registrazione, ma mi sbagliavo. I frame erano lì, sul mio smartphone. Li ho guardati il 20 aprile dopo essere rientrato dalla caserma dei Carabinieri".

Pierluigi Savarese, al contrario di suo fratello Alessandro, ha deciso di sottoporsi all'esame della Pm Giuliana Moccia. Questa mattina, al Tribunale di Torre Annunziata, si è celebrata l'ennesima udienza del secondo filone processuale collegato all'omicidio Cerrato. Favoreggiamento e occultamento delle prove, sono questi i due pesanti capi di imputazione che pendono sui fratelli Savarese. "Giorgio Scaramella ha aggredito Cerrato lanciandogli in faccia un compressore. La lite stava degenerando. Io e mio fratello abbiamo preso lo scottex e lo abbiamo dato a Maurizio perchè aveva una grossa ferita alla tempia da cui usciva molto sangue. Ho buttato i fazzoletti sporchi perchè non potevo immaginare che sarebbe stato quello l'epilogo, quindi non ho pensato potessero essere elementi utili alle indagini".

Dalle minacce di Giorgio Scaramella all'occultamento delle prove. Dal silenzio alle rivelazioni. Pierluigi Savarese, incalzato dalle domande della Pm Moccia, ha descritto dettagliamante la fase finale della spedizione punitiva contro Maurizio Cerrato. "Giorgio è uscito dal garage per circa cinque minuti e poi è rientrato in sella ad un Sh nero, che ha posizionato davanti all'ingresso dell'autorimessa. Dopo pochi minuti sono arrivati Antonio e Francesco Cirillo e Domenico Scaramella. Quest'ultimo si è subito scagliato contro Cerrato, che in quel momento stava uscendo per andare a ricomprare gli occhiali a Giorgio, e ha iniziato a prenderlo a pugni. Erano tutti intorno a lui, ma non saprei dire chi abbia sferrato la coltellata mortale perchè non sono riuscito a vederlo".

In aula, durante il contro esame dell'avvocato Giuseppe De Luca, difensore dei parcheggiatori, è emersa una circostanza particolare legata proprio al passato dei fratelli Savarese. "Anche mio padre è stato ucciso all'interno del nostro parcheggio e proprio davanti ai miei occhi - spiega Pierluigi - Posso capire Maria Adriana perchè anche io ho visto morire una persona che amavo". 

Fissata al 26 aprile l'ultima udienza con le discussioni finali. Imputati nel secondo filone processuale anche Giorgio e Rosa Scaramella, per lesioni personali e Marco Salvi, l'ex datore di lavoro di Maria Adriana, accusato di favoreggiamento. 

Domani, alla Corte d'Assise di Napoli, è attesa la sentenza di primo grado contro le quattro belve che hanno ammazzato Maurizio Cerrato. A rischio ergastolo Antonio e Francesco Cirillo e Giorgio e Domenico Scaramella. 

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