E’ un secco ‘fine pena mai’ quello che giunge da lontano, dalla Corte d’appello di Milano, per Pasquale Palumbo, 51 anni di Torre Annunziata, condannato all’ergastolo perché ritenuto il quarto componente della banda che uccise nel 2003 a Bereguardo, nel pavese, Gioacchino Lombardo, anch’egli 51enne ma di Brescia.

Per gli inquirenti fu un delitto dai motivi passionali, oltre che quasi tutto ‘made in sud’. Con Pasquale Palumbo, per lo stesso efferato omicidio, sono stati infatti già condannati a 30 anni in abbreviato i suoi due fratelli, Giovanni (42) e Claudio (41). Sedici anni, infine, per Vincenzo Lombardo (36), figlio della vittima.

LA STORIA Gioacchino Lombardo fu trovato morto il 2 luglio 2003 in un’auto data poi alle fiamme (vedi foto, ndr). Il pm della Procura di Pavia, Roberto Valli, indagando, scoprì nella lite tra padre e figlio per la stessa donna il vero movente del delitto.

La contesa, l’aspra gelosia tra i due, infine il folle ‘raptus’: Gioacchino Lombardo fu brutalmente pestato dal figlio Vincenzo al Villaggio Prealpino di Brescia e il suo corpo, ritenuto già privo di vita, caricato nel bagagliaio dell’auto con l’aiuto dei tre fratelli Palumbo. I quattro, quella sera, viaggiarono fino a Bereguardo, incendiando la macchina nel tentativo estremo di cancellare ogni traccia del crimine.

L’autopsia eseguita sul corpo del 51enne dimostrò in seguito che Lombardo non era morto per i violenti calci e pugni subiti poco prima. Nei polmoni della vittima venne infatti trovato gas da combustione. Circostanza che aggravò la posizione degli imputati, portando alla successiva modifica dell’accusa: da tentato omicidio e omicidio colposo ad omicidio volontario. E’ di oggi la conferma dell’ultima condanna, per un ‘giallo’ finito alla ribalta delle cronache nazionali.   

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