Omicidio Mamma Coraggio: “Matilde ha rotto il muro di omertà, Tamarisco merita l’ergastolo”
Ventisei anni di sangue e violenze ricostruiti dal pm Filippelli nella sua requisitoria: ecco come avvenivano gli orrori
23-11-2021 | di Marco De Rosa
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Uccisa perché aveva avuto il coraggio di ribellarsi al clan e all’omertà che regnava a Torre Annunziata. Nella requisitoria del pm Pierpaolo Filippelli c’è il succo di 26 anni di scandali, omicidi, violenze, intercettazioni. Uno spaccato della città vissuta come “luogo del male in cui non si ha rispetto per bambini e donne”. E In questo contesto Matilde Sorrentino è morta per lottare contro questo male. “Pur essendo una donna indifesa non si è mai tirata indietro”, ha più volte ribadito il procuratore in aula.
E per questo la Procura ha chiesto la condanna all’ergastolo per Francesco Tamarisco. Secondo l’accusa è lui ad aver armato la mano di Alfredo Gallo. Matilde fu uccisa nel 2004 sulla porta di casa, con quattro colpi di pistola in faccia: “Così come aveva fatto perdere la faccia ai Tamarisco, ora la faccia doveva perderla anche lei. Ed è stata zittita per sempre”, ha raccontato in aula Filippelli.
In aula il brutale racconto di come venivano adescati i bambini del Terzo Circolo Didattico, quelli del Rione Poverelli. Storditi, drogati, ubriacati, zittiti con il nastro da imballaggio e infine stuprati, nei bagni della scuola o a casa dei reggenti del clan. “Un quadro agghiacciante di un massacro vergognoso e immondo nel silenzio complice e colpevole di tanti che dovevano vigilare, denunciare e proteggere e non l’hanno fatto”, ha tuonato il pm.
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Gli abusi sui minori furono documentati grazie alle denunce di tre madri, i cui figli erano caduti nella rete dei pedofili. Il ruolo di assoluta protagonista venne assunto da Matilde Sorrentino, per questo detta “mamma coraggio”, le cui dichiarazioni vennero acquisite sia nella fase delle indagini preliminari, sia nel corso del processo. La sentenza di primo grado emessa il 9 giugno del 1999 portò in carcere 17 dei 19 imputati, tra cui lo stesso Francesco Tamarisco, poi assolto in appello. In seguito alla condanna i figli di Matilde furono trasferiti in una località segreta e fu cambiata loro l'identità, assistiti dall'avvocato Elena Coccia. Il 26 e il 27 luglio dello stesso anno, in appena dodici ore, vennero trucidati a Torre Annunziata Ciro Falanga e Pasquale Sansone, ritenuti tra i principali esponenti dell’organizzazione di pedofili, rimessi in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare, nonostante fossero stati condannati a 15 e 13 anni di reclusione.
Nel corso delle recenti indagini a carico di Francesco Tamarisco – capo dell’omonimo gruppo criminale detto dei “Nardiello”, con base a Torre Annunziata ed operante nell’ambito del traffico dei narcotici – sono stati acquisiti una serie di indizi che hanno portato gli inquirenti a ritenerlo il mandante e l’organizzatore dell’omicidio di “Mamma Coraggio”. Secondo gli inquirenti Tamarisco nutriva gravi ragioni di astio e di risentimento nei confronti della donna che “aveva osato denunciarlo”. Filippelli ha ricostruito un quadro capillare del sistema di terrore messo in piedi dai Tamarisco. Le prove raccolte nei confronti del boss "dimostrano – secondo il pm - aldilà di ogni ragionevole dubbio che fu proprio lui a fare uccidere Matilde. La sua abitazione fu trasformata nel teatro del suo massacro e i suoi figli costretti a subire con violenza la perdita della loro madre. Ecco perché Francesco Tamarisco merita la pena del carcere a vita".
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