( A cura di Catello Germano e Rosanna Salvi )

"Se avessi davanti l'assassino di mio marito non avrei nulla da dirgli. Potrei insultarlo o aggredirlo, ma a cosa servirebbe? Farei del male soltanto a me stessa. Antonio non c'è più e questo non cambia. Nessuno potrà ridarmi indietro mio marito".

Negli occhi di Maria Rossi, vedova di Antonio Morione, c'è il dolore dell'assenza. All'indomani dell'arresto di Giuseppe Vangone, presunto esecutore materiale dell'omicidio, ripercorriamo insieme alla famiglia i tragici avvenimenti di quel maledetto giorno. Maria ci accoglie in casa insieme all'intera famiglia: le figlie Noemy e Rebecca e il figlio Teddy con accanto la compagna Ilaria. Al loro fianco l'avvocato Giuseppe De Luca.

"La sera stessa dell'omicidio guardai mia madre negli occhi e le dissi che avrei riaperto la pescheria - spiega Teddy - Sto per diventare padre e mio figlio si chiamerà Antonio. Onoro la sua memoria ogni giorno portando avanti l'attività di famiglia. Avremmo potuto lasciare tutto e andarcene, ma papà ci ha insegnato a non mollare. È vero, i mali di questa terra hanno portato via mio padre, ma io credo nel territorio. Qui ci sono tantissime persone perbene e non ho paura di far nascere qui il piccolo Antonio Morione".

L'acquario con i pesci, il suo computer e le foto del matrimonio. In ogni angolo di casa Morione c'è l'essenza di Antonio. Padre di famiglia e instancabile lavoratore strappato alla vita da un commando armato il 23 dicembre 2021 nella sua pescheria di Boscoreale.

"Siamo stati noi a trasportarlo in ospedale, l'ambulanza è venuta dopo un'ora - racconta Noemy - Papà è morto per difendere la nostra famiglia e ha pagato con la vita il suo coraggio. Si parla tanto di onorare la memoria, di lottare per la giustizia, ma in realtà sono solo passerelle. Dopo poche settimane eravamo soli con il nostro dolore".

La famiglia Morione punta il dito contro istituzioni, associazioni e politica. "Solo Don Ciro Cozzolino e l'avvocato Giuseppe De Luca non ci hanno mai abbandonato - chiarisce Maria - Non ho bisogno di manifestazioni, eventi o passerelle. Onoro la memoria di mio marito tutti i giorni, non solamente il 23 dicembre".

Seduta accanto a Maria c'è Rebecca, la piccola di casa. "Papà mi ha insegnato che quando si cade, bisogna rialzarsi più forti di prima. Mi manca tutto di lui. La colazione insieme prima di andare a scuola, la sveglia con la musica ad alto volume e le nostre uscite estive. Riusciva sempre a strapparti un sorriso".

A poche settimane dall'anniversario della morte arriva la notizia dell'arresto di Giuseppe Vangone, presunto esecutore materiale dell'omicidio. Le intense attività investigative dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata, coordinate dalla Procura, hanno stretto il cerchio attorno al commando armato che fece irruzione nella pescheria. "Non abbiamo mai perso la fiducia verso gli inquirenti, ma ad un certo punto abbiamo avuto la sensazione, proprio per la difficoltà in cui lavoravano i carabinieri, che le indagini non avrebbero portato a nulla - raccontano i familiari".

"Una sensazione dovuta alla non conoscenza dei processi investigativi - spiega l'avvocato Giuseppe De Luca - ho sempre detto alla famiglia di avere pazienza e aspettare l'esito delle indagini. Naturalmente il processo non è ancora iniziato e si dovranno attendere i tre gradi di giudizio. Parliamo di un ambiente criminale molto complesso caratterizzato da un'omertà radicata. Se c'è un quinto uomo non ancora identificato, sarà assicurato alla giustizia".

Al momento sono tre gli uomini del commando assicurati alla giustizia: Luigi Di Napoli, Angelo Palumbo e Giuseppe Vangone. Per i primi due le manette sono scattate lo scorso luglio. Ma il cerchio non è ancora completo e il lavoro degli inquirenti continua senza sosta. All'appello mancano Francesco Acunzo, ancora a piede libero per insufficienza di prove e un quinto uomo, non ancora identificato. Nel frattempo, con l'arresto di Vangone, un ennesimo passo verso la giustizia.

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