TORRE ANNUNZIATA. “Due ergastoli: uno ad Aldo Gionta, il mandante dell’omicidio. L’altro per Giuseppe Coppola, che fece la cosiddetta ‘battuta’, segnalando al clan dove fosse Natale Scarpa”. Poche frasi, secche, perentorie, ma pesanti. A scandirle al gup di Napoli, Paola Piccirillo, è il pm della dda di Napoli Claudio Siragusa, che con durissime richieste di condanna quasi chiude una delle pagine più sanguinose mai scritte dalla camorra di Torre Annunziata: l’agguato per vendetta del 14 agosto 2006, consumatosi a piazzale Gargiulo, a pochi passi dallo stadio “Giraud”.

A cadere sotto i colpi del clan di via Bertone, massacrato dai proiettili di una calibro lugher 9x21, Natale Scarpa, 73 anni, alias “zì Natalino”, boss rivale dei Gallo-Cavalieri e padre di Vincenzo “caramella”. A sparare - per l’accusa – fu Francesco Amoruso (“a’ vecchiarella”), consuocero del “ras poeta” dei Gionta, morto un anno fa in carcere. Colpi festeggiati con fuochi d’artificio al rione Carceri e che scatenarono una faida trasversale terminata solo due anni dopo.

TUTTE LE RICHIESTE. Ergastoli, nonostante l’abbreviato, ad Aldo Gionta (ora ristretto al 41-bis) e Giuseppe Coppola. A sorpresa, l’accusa ha chiesto ai giudici di assolvere il killer Giovanni Iapicca (già colpito – per la stessa vicenda - da una prima ordinanza per omicidio volontario poi annullata dal Riesame). Stralciata invece la posizione di Luigi Maresca, che difeso dall’avvocato Michele Riggi ha scelto di affrontare il dibattimento. Dieci anni a testa, infine, sono stati invocati dal pm per i due pentiti del clan Gionta, Vincenzo Saurro (dissociatosi nel 2006) e Aniello Nasto.

IL PROCESSO. Proprio Nasto riferì all’antimafia “che Natale Scarpa doveva essere ucciso perché durante le feste di carnevale aveva aggredito un ragazzino vicino ai vertici della cosca”. Quel ragazzino era Valentino junior, figlio di Aldo e nipote del superboss fondatore del clan di via Bertone. Valentino aveva soli 14 anni quando, per scherzo, lanciò un uovo contro il “vecchio”, il luogotenente dei Cavalieri. “Zì Natalino”, colpito nell’orgoglio, reagì allora schiaffeggiandolo. Un’offesa troppo grande per papà Aldo. Un’onta da lavare col sangue.

L’ordine, secondo gli esiti dell’inchiesta-bis (il primo processo si è concluso con la cancellazione dell’ergastolo in Appello per Pasquale “o’ chiatto”, fratello di Aldo Gionta), fu impartito direttamente dal carcere. Ad inguaiare il “boss poeta”, descritto alla dda per la prima volta come il mandante di un omicidio camorristico, le dichiarazioni di altri due pentiti: Vincenzo Palumbo “monnezza”, ex tiratore scelto del clan, e Vincenzo Raimo “o’ castellone”, collaboratore di giustizia di Ercolano, vecchio compagno di cella di “Aldulk il ribelle”. La sentenza sull’omicidio di camorra è attesa a breve, dopo le discussioni a processo degli avvocati Giovanni Tortora e Gaetano Rapacciuolo, legali di Aldo Gionta.  

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