“Deponete le vostre armi”. Questo urlò Armando D’Alterio, ora procuratore della DDA di Campobasso, agli esponenti del clan Gionta di Torre Annunziata il 15 ottobre 1994. Affiliati in gabbia per 416-bis, presso la prima sezione penale del tribunale, nel processo allora in corso a Napoli sull’omicidio di Giancarlo Siani.

“Un invito - ricorda oggi il pm che riaprì l’inchiesta sul delitto - che pagò subito dopo con la collaborazione di Gabriele Donnarumma (il cognato del boss Valentino pentitosi il 25 novembre 1994, svelando il suo ruolo di “ambasciatore” nell’omicidio del cronista de “Il Mattino”, ndr).

Era l’udienza del 15 ottobre 1994. Una data che il “magistrato tenace”, nelle parole di Paolo, il fratello di Giancarlo, ucciso trent’anni fa dalla camorra, non dimenticherà mai. Nemmeno oggi. Quando ospite al convegno dell’Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata su “dissociazione e pentitismo”, stuzzicato nel ricordo dal moderatore del dibattito, l’avvocato Elio D’Aquino, D’Alterio aggiunge dettagli e retroscena.

“La notte del 14 ottobre – prosegue dopo la chiusura dei lavori – raggiunsi in macchina Milano. Graziano Matteo mi aveva detto il covo dove si nascondevano i latitanti dei Gionta”. Boss che inviavano a Torre i soldi della droga. Soldi che servivano a far campare le famiglie dei detenuti. “Con due colleghi quella notte arrestammo Alfredo Sperandeo, Vincenzo Pesacane ed altri due del clan. Ecco perché il giorno dopo al processo dissi a tutti quelli in gabbia di ‘deporre le armi’. Erano alle strette”.

Un intervento, quello di D’Alterio, perfettamente in linea col convegno. Dibattito che prova oggi ad interrogarsi, nell’auditorium degli Scavi di Pompei, sull’eventualità di una nuova legge che in Italia “anche in materia di criminalità organizzata, oltre che di terrorismo rosso e nero – spiega il penalista Saverio Senese -  dia spazio a chi vuole dissociarsi dal clan senza accusare”.  

Tavola rotonda aperta dai saluti degli avvocati Michele Riggi ed Antonio Cesarano, impreziosita dalle ‘incursioni’ di Libero e Paolo Mancuso, Procuratore Capo di Nola, e chiusa ancora con rabbia da D’Alterio: “Finchè in Italia corruzione e abuso di potere, soprattutto nelle Istituzioni, saranno la vera scala sociale – ammonisce il magistrato – è davvero inutile parlare di dissociazione”.

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