Più di sei ore di Camera di Consiglio a Roma, poi la decisione ‘choc’: l’omicidio di Luigi Tommasino, il consigliere comunale del Pd di Castellammare di Stabia, trucidato il 3 febbraio 2009 con quattrodici colpi di pistola, non fu un delitto deciso dal clan D’Alessandro e dalla camorra. E’ quanto stabilito oggi dai giudici della Suprema Corte che hanno annullato con rinvio alla Corte d’Assise d’Appello gli ergastoli inflitti, in primo e secondo grado, ai due killer Catello Romano e Renato Cavaliere, esecutore materiale dell’agguato poi pentitosi. Un verdetto che ha cancellato l’aggravante di stampo camorristico del delitto, imponendo per entrambi gli imputati la rideterminazione della pena.

“Sono sei anni che ribadisco che il movente dell’omicidio Tommasino va cercato altrove. Non in una decisione della camorra di Castellammare”. Questo il primo commento dell’avvocato Francesco Schettino, difensore di Lello Romano ma che ieri, a Roma, si è occupato pure di discutere la posizione di Cavaliere (per l’assenza dei difensori di quest’ultimo, ndr).

Per i giudici a Catello Romano andavano concesse le attenuanti generiche, negategli in secondo grado, e derivanti dalla sua scarsa pericolosità sociale al tempo dell’omicidio del politico di Castellammare di Stabia.   

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