Favoriva il clan Cesarano, egemone a Pompei e Scafati, assicurandosi che le indagini sull’omicidio del sindaco pescatore fossero depistate agli altre tre indagati oggi arrestati con lui. E’ l’infamante accusa rivolta al colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, finito questa mattina in manette nell'inchiesta per l'omicidio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, assieme a Giuseppe Cipriano, Romolo Ridosso e Lazzaro Cioffi. Questi ultimi - sempre secondo l'accusa - avrebbero preso parte all'ideazione, pianificazione e organizzazione dell'omicidio di Vassallo, assassinato il 5 settembre 2010 con nove colpi di pistola calibro 9.

I primi sopralluoghi preliminari sarebbero stati eseguiti da Cioffi, poi da Ridosso e Cipriano i quali si assicurarono che nel luogo dove poi avvenne l'omicidio non ci fossero telecamere di videosorveglianza. Nella fase successiva al delitto, il colonnello Cagnazzo - secondo l'accusa - "come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno" indirizzandole verso una falsa pista, "quella dell'alterco del primo cittadino con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo (solo omonimo del sindaco ucciso, titolare di un albergo del luogo) per questioni legate allo spaccio di stupefacenti".

Cagnazzo, secondo quanto emerso dagli accertamenti del Ros, dopo l'omicidio del sindaco pescatore si sarebbe adoperato per diffondere false notizie circa il coinvolgimento di Damiani sostenendo che fosse positivo all'esame dello stub. Damiani, sosteneva falsamente l'ufficiale dell'arma ora detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, si era anche occupato di pedinare la vittima nei pressi del porto di Acciaroli.

Altra fake news che il carabiniere, sempre secondo gli inquirenti, diffuse all'epoca era quella dell'esistenza di un 'gruppo Damiani' dedito al traffico di droga che veniva veicolata attraverso l'uso di un gommone. Tra le info di cui era in possesso, non riferite agli inquirenti, figura anche la circostanza dell'incontro tra il sindaco ucciso e il comandante dei carabinieri di Agropoli e i pm della Procura di Vallo della Lucania, cha sarebbe dovuto avvenire il giorno dopo l'omicidio.

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