"Pizzo" su Gomorra, i giudici: "Tensione e ossequio" prima dell'incontro col papà del boss
Estorsione alla "Cattleya": la sentenza contro "Francuccio o' pisiello" ed i suoi genitori
21-02-2016 | di Salvatore Piro
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TORRE ANNUNZIATA. “I soldi non possono più passare a noi, hanno fatto un libretto dello Stato…stiamo combattendo…devono venire a parlare oggi…gli dico io non ti faccio fare il cinema”. Pizzo a Cattleya, la casa di produzione della serie tv “Gomorra”, rese note le motivazioni della sentenza d’appello che ha condannato il boss Francesco Gallo “Pisiello” a 6 anni di carcere. Cinque anni ed 8 mesi al papà del ras, Raffaele “zì filuccio”, “che effettuava le richieste estorsive” ai dipendenti della società, ed intascò nel 2013 una rata a “nero” - da 6mila euro - per il fitto della celebre Villa Savastano. Condannata pure Annunziata De Simone, la madre 62enne del boss del parco Penniniello, che invece - per i giudici della settima sezione penale della Corte di Napoli – dopo i colloqui in carcere “veicolava al marito le direttive” impartite dal figlio. Tra gli ordini dati dal boss a sua madre, anche quello di far “fallire o chiudere” il set della serie “Sky”, divenuta in breve la più vista nella storia della pay-tv: oltre 700mila spettatori medi a puntata e record assoluto.
IL FATTO. La villa di “Francuccio o’ pisiello”, dipinta di rosa e con una vasca idromassaggio grande come una piscina, si trova nel rione Penniniello di Torre Annunziata. La Cattleya la fittò nel marzo del 2013 per 30.000 euro: soldi da versare in cinque rate da 6.000 l’una, per ambientarci lo scontro tra le famiglie Savastano e Conte. Dopo il pagamento della prima rata, però, Francesco Gallo (40), boss della fazione “Pisielli” del clan Gallo-Cavalieri, fu arrestato. Era il 4 aprile, e la villa di via Plinio finì sotto sequestro con la nomina di un amministratore giudiziario. Da lì – per l’inchiesta condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata e dall'Antimafia dell’allora pm Filippelli – il dilemma per i vertici della società di produzione: pagare l’amministratore od i Gallo? Le pressioni del clan, secondo i giudici, erano fortissime.
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LE MOTIVAZIONI. I dipendenti della Cattleya conoscevano il carisma criminale del boss. “Mostrano tensione prima di incontrare Raffaele Gallo”, scrivono i giudici nella sentenza d’appello. Il “location manager”, Gennaro Aquino, racconta allo sceneggiatore di “Gomorra” un “fatto omicidiario riferibile ai Gallo”. Per questo, i dipendenti della società cinematografica “esternano ossequio e mostrano preoccupazione”. Motivi che hanno spinto la Corte d’Appello a confermare l’aggravante camorristica per il boss Francesco Gallo ed i suoi genitori, pur scontando a tutti le pene inflitte in primo grado. I legali degli imputati, gli avvocati Alberto De Simone, Antonio de Martino, Vincenzo Salomone, Sergio Cola e Alessandro Pignataro, hanno già annunciato ricorso in Cassazione contro le condanne per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
LA DIFESA DI CATTLEYA. Nel frattempo, uno stralcio del processo è in corso al tribunale di Napoli. Il “location manager” della Cattleya, Gennaro Aquino, e il primo organizzatore generale, Gianluca Arcopinto, sono stati rinviati a giudizio per favoreggiamento: avrebbero negato due volte di essere sotto estorsione, anche dopo aver pagato. Prosciolto, invece, il manager di Cattleya, Matteo De Laurentiis. Contro Aquino ed Arcopinto, la casa cinematografica sta pensando di costituirsi parte civile per il danno d'immagine arrecato. Subito dopo lo scandalo, Cattleya (che stanziò 22 milioni di euro per la fiction) precisò la sua “posizione di assoluta estraneità ai fatti: il prezzo di 30.000 euro è stato pagato per la locazione della villa per un periodo di sei mesi ed è stato erogato senza subire né alcuna ulteriore richiesta, rispetto alle obbligazioni contrattuali, né alcuna pressione”.
Nella foto, un’immagine tratta dalla serie tv: i personaggi Pietro e Imma Savastano, interpretati da Fortunato Cerlino e Maria Pia Calzone
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