Pompei, il Dna riscrive le storie delle vittime dell'eruzione
Non sono di un padre e un figlio i due corpi carbonizzati
08-11-2024 | di Redazione
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Non c'era un padre in fuga con il suo bambino dall'eruzione del Vesuvio. I due non erano parenti. E dei corpi che si pensava fossero di due sorelle uno è un maschio. Sono passati secoli eppure i corpi sepolti sotto la cenere di Pompei parlano ancora. E lo fanno grazie al Dna antico raccolto dai famosi calchi degli sfortunati abitanti della colonia romana, che ancora oggi tengono vivo l'immaginario di quella tragedia. C'è per esempio un adulto che tiene in braccio un bambino, indossa un braccialetto d'oro. Tradizionalmente si è interpretata questa scena ipotizzando come se fossero madre e figlio. In realtà le evidenze del Dna mostrano che "erano un maschio adulto e un bambino, non imparentati fra loro", racconta David Reich, dell'università di Harvard, citando uno dei risultati illustrati nello studio pubblicato su 'Current Biology'.
Quando nel 79 d.C. il complesso vulcanico attivo nell'Italia meridionale noto come Somma-Vesuvio eruttò, seppellendo la piccola città, ricoprì tutto con uno strato di cenere che conservò molti dei corpi. Il Dna antico raccolto riscrive la loro storia. Una storia che gli studiosi hanno cominciato a mettere insieme dalla riscoperta nel 1700 della città un tempo dimenticata. Nel dettaglio, il Dna rivela che i sessi di questi individui analizzati e le relazioni familiari non corrispondono alle interpretazioni tradizionali che erano state formulate in gran parte da ipotesi moderne. "I dati scientifici che forniamo non sempre sono in linea con le ipotesi comuni", afferma Reich. Fra gli esempi portati dal ricercatore c'è anche quello di "una coppia di persone che si pensava fossero sorelle, o madre e figlia, e invece includeva almeno un maschio genetico. Queste scoperte sfidano le ipotesi. I ricercatori avevano sentito le storie di Pompei e si sono resi conto che il Dna antico e gli isotopi di stronzio usati per datare i campioni avrebbero potuto aiutarli a comprendere meglio le diversità e le origini dei residenti di Pompei. Il team - che comprende anche Alissa Mittnik, università di Harvard, e David Caramelli, università di Firenze - ha estratto il Dna da resti scheletrici altamente frammentati mescolati ai calchi in gesso, concentrandosi su 14 degli 86 calchi che sono in fase di restauro. L'approccio usato ha permesso di determinare con precisione le relazioni genetiche, il sesso e da chi discendono quei 14 abitanti vittime del vulcano. I dati genetici hanno offerto informazioni, in diversi casi in contrasto con le ipotesi basate esclusivamente sull'aspetto fisico e sul posizionamento dei calchi, che hanno permesso di mettere a fuoco anche la discendenza dei pompeiani, rivelando che avevano background genomici diversi. Discendevano principalmente da immigrati recenti dal Mediterraneo orientale. La scoperta evidenzia la natura cosmopolita dell'Impero romano.
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