“Chiesi all’ex sindaco Claudio D’Alessio un incontro per chiudere. Lui mi diede il biglietto da visita di uno dei suoi avvocati, che combinò un appuntamento con il mio all’Università di Fisciano. Non mi fecero salire, parlarono da soli. Ma io registrai tutto con un aggeggio cinese, una specie di accendino comprato a venti euro. Alla fine il mio avvocato era furioso. Volevano darmi 500mila euro su 900mila. La interpretai come un’estorsione. Strano, perché sono io ad avere parenti con problemi con la giustizia”. Questa la cinica versione fornita oggi ai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Torre Annunziata (presidente di collegio Ernesto Anastasio) da Natale Russo, il gestore del Parking Plinio di Pompei, ditta che si occupa della rimozione forzata in città.

Russo vanterebbe un maxi-credito nei confronti del Comune: più di un milione di euro senza interessi. Soldi – secondo la certosina documentazione mostrata ai giudici dallo stesso imprenditore -  mai sborsati dalle casse di Palazzo Fusco, a fronte del servizio reso dal 2001 nel parcheggio a trenta metri dagli Scavi.

Alla sbarra per il debito fuori bilancio, accusati a vario titolo di abuso d’ufficio e concussione, l’ex primo cittadino di Pompei Claudio D’Alessio e il comandante della polizia municipale Gaetano Petrocelli. “D’Alessio mi disse di stare tranquillo – così Russo al pm della Procura della Repubblica oplontina, Rosa Annunziata -  e che tutto si sarebbe sistemato”. Magari con una transazione chiusa all’Università di Salerno solo tra avvocati. Proposta prima registrata di nascosto dall’imprenditore e infine respinta con forza al mittente.

“Il risultato? Ho 1287 veicoli multati e senza targa ancora a terra – conclude - . Nessuno, anche ora che il sindaco a Pompei è Uliano, mi ha mai dato una lira. Ho preso solo un acconto di 24mila euro sulla prima fattura. Oggi ho la Finanza addosso, ma non so come pagare l’IVA. Per la custodia delle macchine il Comune mi deve in tutto circa 3 milioni. D’Alessio mi disse: non mettere l’avvocato che si prende il 10% sull’incasso. Assisto io, poi mi dai un contributo al partito. Voleva il 20% di un milione. Se non pagavo, non avrei mai più lavorato. E’ andata proprio così”.

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