Aveva un problema al cuore, che ha interrotto la sua vita quando aveva solo 29 anni. Questa è la conclusione di una inchiesta cominciata tre mesi fa. Cioè quando fu ritrovato morto nel suo letto. La fine è arrivata nel sonno. Nessun segno di violenza, nessuna patologia pregressa, nessun dettaglio che potesse ricondurre quella tragedia a cause diverse da quelle naturali.

Ora, per il giovane di Pompei sono arrivati i risultati dell'autopsia che non lasciano dubbi: a strappare alla vita quel ragazzo non ancora 30enne è stata una cardiomiopatia aritmogena. Una patologia cardiaca silente, che si manifesta solo con l'evento morte e che rappresenta «la causa più comune di morte cardiaca improvvisa giovanile in Italia» come scrive nella sua relazione il medico legale Nicola Maria Giorgio. Nei giorni scorsi, i risultati dell'autopsia sono stati depositati alla Procura di Torre Annunziata (procuratore Nunzio Fragliasso, aggiunto Giovanni Cilenti, sostituto Andreana Ambrosino) che ha chiesto l'archiviazione del fascicolo d'inchiesta aperto lo scorso ottobre su quella morte improvvisa e inspiegabile. Il cuore di Dario Raimo ha smesso di battere all'improvviso nel sonno, mentre il 29enne dormiva nella sua camera nell'abitazione di Pompei. sera prima della morte, il 29enne aveva trascorso qualche ora in compagnia degli amici, andando a bere una birra in un locale di Sorrento. Nessuna avvisaglia, nessun sintomo, solo qualche ora spensierata insieme agli amici di sempre, per festeggiare il compleanno di uno di loro. Tornato a casa, poi, Dario Raimo andò a dormire e la mattina dopo non si è più svegliato. Gli esami tossicologici hanno escluso ogni altra ipotesi e, dagli altri accertamenti istologici, è emersa una problematica al ventricolo destro, mai riscontrata da visite mediche o altri esami. 
Una vita spezzata quando stava ottenendo i risultati dei sacrifici legati allo studio. Il giovane era laureato in Fisica, con il massimo dei voti. Studente brillante, i suoi lavori erano stati pubblicati all'estero, aveva lavorato al Cern di Ginevra e da alcuni mesi si stava occupando di intelligenza artificiale applicata al mondo del lavoro. Appassionato di scacchi (tre volte era stato selezionato per le nazionali quando era al liceo) e sportivo – praticava regolarmente piscina e giocava a calcetto – non aveva mai accusato sintomi di nessun genere che potessero richiamare l'attenzione su possibili problemi di salute.

Adesso che si sa tutto sulla sua morte, la famiglia Raimo ha deciso di effettuare una donazione al progetto «Beat the Beat» che sostiene la ricerca scientifica su un farmaco che possa curare la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVD), una malattia di origine genetica, progressiva e degenerativa, finora incurabile, su cui l'Università di Padova sta effettuando studi approfonditi. 

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