Dalla superficie al sottosuolo: l'esplorazione di una città come Pompei non si limita solo alle aree visibili, ma continua anche nel sottosuolo, tra canali e cunicoli. Il gruppo di speleologi dell'Associazione "Cocceius" ha esplorato oltre 457 metri di percorso per studiare i sistemi di drenaggio delle acque piovane, a partire dal Foro.

Un'esplorazione con una doppia finalità: fornire informazioni inedite sull'evoluzione dell'area fra il Foro Civile e Porta Marina e identificare le potenziali criticità del sistema per provi rimedio, nel rispetto delle valenze archeologiche dell'opera antica. La prima parte del progetto si è chiusa il mese scorso, identificando una rete di cunicoli e canali che si dirama da una coppia di cisterne, un sistema che permetteva di scaricare l'acqua piovana in eccesso fuori dalla città, verso il mare. E’ stato, inoltre, possibile indicare in via preliminare una cronologia delle strutture. Si sono ipotizzate tre fasi principali di vita di questo esteso complesso sotterraneo: una prima fase di età Ellenistica (fine III - II sec. a.C.), la seconda di età tardo repubblicana (inizi/fine I sec. a.C.) e una terza fase corrispondente all’ età Augustea ed imperiale (fine I sec. a.C. - 79 d.C.).

“Il progetto di esplorazione dei cunicoli fa parte delle attività del Parco Archeologico di Pompei, finalizzate ad ampliare la conoscenza del sito, base imprescindibile di ogni intervento di monitoraggio e tutela dello stesso. – dichiara il Direttore Generale Massimo Osanna – Questa prima, ma completa esplorazione del complesso sistema di canali sotterranei conferma il potenziale conoscitivo che il sottosuolo di Pompei conserva, e dimostra quanto ancora ci sia da indagare e studiare. Inoltre, molte lacune del passato sulla conoscenza di alcuni aspetti o aree della città antica si stanno colmando, grazie alla collaborazione di esperti nei vari settori, che rendono l’acquisizione dei dati sempre più accurata, grazie a competenze specialistiche che in altre epoche di scavo o di studio mai erano state coinvolte.”

Vincenzo Scarpa

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