Un tetto per Gennaro Chivasso è ciò che continua a chiedere l’uomo, cinquantasettenne  cittadino porticese, alle autorità comunali, religiose e a chi può aiutarlo. Questa mattina era silenzioso davanti al grande portone di bronzo della basilica di San Ciro con al collo un cartello e alcuni manifesti sui quali era rappresentata tutta la sua disperazione. Dall’8 febbraio l’uomo è fuori dalla sua casa di via San Cristoforo che occupava da 25 anni, pur pagando regolarmente il pigione, nonostante facesse lavori precari e avesse avuto qualche problema con la giustizia.

Non sapendo dove andare, Chivasso non ha trovato di meglio che distendersi su un lettino di fortuna e così la sera dorme al coperto nell’androne dello stabile in cui aveva abitato per anni. Qualche pasto caldo per sostentarsi e un po’ di comprensione da parte dei condomini, pur consapevole che questa situazione che dura da oltre 20 giorni non potrà continuare a lungo.

“Ho diritto anche io a un tetto come cittadino, ma potrò disporre solo di 289 euro al mese di invalidità che mi saranno ridati dopo due anni di sospensione”. Il Parroco della basilica, padre Raffaele, avrebbe aiutato alcune volte l’uomo nel pagamento di alcune bollette pur avvertendolo che l’aiuto non sarebbe potuto continuare essendo molti coloro che lo chiedono, e Chivasso fa sapere che il Parroco della chiesa di San Cristoforo Don Giuseppe “dopo alcune promesse mi ha  scaricato”.

Poi paragona la situazione degli immigrati con la sua di cittadino italiano e spiega con la disperazione negli occhi: “Loro almeno hanno un tetto e un pasto”. Intanto il tempo passa e egli si aggrava anche fisicamente essendo l’uomo già minato da dolori artrosici in varie parti del corpo. Chivasso ha fatto chiaramente intendere che porterà il suo caso al Comune in modo che la sua voce di aiuto non resti inascoltata.

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