Portici, chi sono i rifugiati di Villa Fernandes?
Storie di persecuzione e sofferenza: “Non è stato facile, ma Dio era con noi”
05-07-2016 | di Maria Vittoria Romano

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Nonette è una giovane donna congolese accolta nella depandance accanto Villa Fernandes, con suo marito ed i suoi cinque figli. Quando il comune aveva aderito al progetto Sprar aprendo le porte a questo nucleo familiare, molte furono le polemiche da parte di alcuni cittadini, a causa di ulteriori problematiche riguardanti le condizioni delle periferie della città (container), non ancora risolte. Oggi le acque sembrano essersi placate ed i rifugiati sono riusciti in una prima integrazione con la città e coi suoi abitanti grazie all'aiuto dell'associazione Arcipelago della solidarietà e di tutti i volontari.
Nonette ha preso coraggio e ci ha raccontato la storia della sua famiglia quando viveva in Congo fino al trasferimento in Italia: “Quel Paese è la terra di nessuno- riferisce la donna- Non dimenticherò mai la tragica notte di Natale quando, tornati dalla chiesa, trovammo il corpo di mio cognato a terra, senza vita. In Congo per festeggiare il Natale, andiamo in chiesa a pregare e trascorriamo la notte lì, ma quella sera non posso dimenticarla. Noi siamo cristiani, ed in quel paese sono forti le persecuzioni nei confronti di noi fedeli, ed è per la paura, il terrore e l'insicurezza che siamo fuggiti. I commando di soldati del Presidente Joseph Kabila volevano costringere mio marito ad arruolarsi, ma egli non aveva intenzione di farlo e per questo motivo fu aggredito. Riporta ancora oggi i segni di quell'aggressione, non vede bene ad un occhio. Ricordo in un'altra notte dei soldati che entrarono in casa mia, distrussero la mia abitazione, misero tutto a soqquadro e si lanciarono verso me. Volevano violentarmi. Si accorsero che avevo tra le braccia mio figlio di appena tre mesi, e fu per questo che fui lasciata libera. Dal Congo siamo arrivati in Libia ed anche lì la notte avevamo forti difficoltà a dormire, ascoltavamo in continuazione i rumori delle armi impegnate nella guerra. Sul barcone siamo arrivati in Sicilia e lì la nave italiana ci ha salvato, siamo stati accolti con vestiti e cibo, poi siamo stati spostati a Bari ed infine qui a Portici. Non è stato facile, ma Dio era con noi”.
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Ora la famiglia di Nonette ha una casa lontana dalla guerra e dal terrore, ed i suoi figli hanno la speranza di crescere felici.
La figlia maggiore, Benedit, a soli 13 anni, ha ben chiaro il futuro che la attende: “ Voglio restare qui in Italia, mi sento sicura e libera. Ho due desideri nel cuore: diventare una ragazza istruita andando a scuola ed imparare a cantare. In Congo era differente la scuola, a 13 anni non sai né leggere né scrivere, ed io non vedo l'ora di imparare subito”.
Questo nucleo familiare è uno dei tanti che varca le acque del Mediterraneo per sfuggire a un paradigma di morte, speranzosi di una nuova vita che gli possa sorridere una volta toccata la terra amica. Ma non tutti ci riescono.
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