“La mafia non era come ce la raccontavano, come qualcosa di positivo ma era in realtà un’associazione criminale”.
Lo ha affermato Giovanni Impastato, fratello di Peppino, il giovane attivista giornalista siciliano appena 30enne che divenne incondizionato oppositore dei sodalizi mafiosi ribellandosi alle logiche dell'illegalità. L'attività politico culturale di Impastato si interruppe quarant'anni fa il 9 maggio del 1978 in una giornata di primavera, in cui fu ucciso a Cinisi vicino Palermo, proprio da quella mafia che combatteva.

La breve ma intensa vita di Peppino, divenuto simbolo nazionale della lotta alla Mafia, è stata ricordata nella giornata di mercoledì 26 settembre dal fratello Giovanni, a una platea di studenti delle scuole superiori degli Istituti “C. Levi” e “F. Silvestri” in rappresentanza delle scuole di Portici, a Villa Fernandez il bene confiscato alla camorra, ospiti di “Libera Portici” e del suo presidente Leandro Limoccia.

Peppino Impastato, nato e vissuto per anni proprio in una famiglia con padre mafioso, “resosi conto - racconta il fratello Giovanni - che la mafia era ovunque e come una piovra stendeva i suoi tentacoli su tutto e tutti infiltrata in ogni apparato della vita delle persone e dello Stato, decise che sarebbe stato necessario agire”.

Aveva 17 anni quando cominciò a battersi denunciandone i traffici illeciti e le collusioni con la politica. Dichiarò subito le sue idee all’interno della sua stessa famiglia mafiosa, entrando il politica nella Democrazia Proletaria e proponendosi alla candidatura di Sindaco del suo paese. Aveva scelto la strada della legalità e della giustizia, attaccando pericolosamente gli esponenti mafiosi e aiutandosi anche con la radio libera che aveva fondato e che conduceva a sue spese. Fu il noto “Padrino” della mafia siciliana e internazionale Gaetano Badalamenti a decidere della sua morte quando ritenne che era giunto il momento di sbarazzarsene: le idee di Peppino iniziavano a fare breccia tra le persone e si diffondevano vertiginosamente e così, dopo alcuni avvertimenti, venne ucciso. Era lo stesso giorno in cui fu trovato ucciso il grande statista Aldo Moro.

Dopo la sua morte, le sue idee e le attività svolte preoccupavano ancora la mafia, le istituzioni e quella parte della società connivente, tanto che fu molto difficile arrivare al responsabile della sua morte se non dopo approfondite indagini.

La grande casa del boss Gaetano Badalamenti è stata confiscata e affidata alla associazione Casa Memoria e in essa è stato realizzato un museo con i cimeli che ricordano Peppino Impastato. “La mafia è un nemico potente, ma si può sconfiggere – conclude Giovanni Impastato – e la storia di Peppino trasmette un messaggio di speranza secondo cui ciò non è un’utopia”.

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