Criminalità e nuove infiltrazioni è il titolo del corso di formazione dell’Ordine dei Giornalisti che si è tenuto nella sede di Libera Portici, presso Villa Fernandes, bene confiscato alla Camorra.

Un’occasione più che appropriata per discutere di criminalità proprio nella sede di un’istituzione come Libera, collegamento campano contro le camorre per la legalità e la non violenza, che opera da anni sul territorio.

Con Leandro Limoccia, presidente di Libera Portici e professore dell’Università Federico II di Napoli, hanno partecipato Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania; Marcello Ravveduto, dell’Università degli Studi di Salerno; Francesco Bellofatto, presidente della Commissione Cultura dell’Ordine dei Giornalisti; e numerosi giornalisti.

È emerso che le mafie hanno cambiato pelle: hanno posato la pistola sul comodino e si sono finanziarizzate e politicizzate. La camorra è ancora molto presente, spiega il presidente Limoccia, significativa e attiva soprattutto nel Napoletano e in Campania in generale, esercitando la sua influenza con attività illecite e mantenendo il controllo del territorio attraverso l’introduzione della cattiva politica e spesso del clientelismo delegato alle amministrazioni locali. Non di rado inserisce la prepotenza come criterio etico generale a molti livelli e, mattone dopo mattone, sta smantellando i pilastri della legalità, costituendo un pericolo per la democrazia.

Ma quali sono queste nuove infiltrazioni?
Lo ha spiegato il professore Marcello Ravveduto. “Le mafie sono più forti che mai” sostiene, affrontando il problema con i suoi studi all’Università di Salerno e ponendo l’attenzione sulla Mafiosfera, ovvero l’attività delle mafie nell’era digitale. Attraverso un’analisi criminologica puntuale, Ravveduto osserva come la mafia si sviluppi con i potenti mezzi digitali odierni: un fenomeno criminale che ha anche una natura organizzativa e transita sui canali delle piattaforme digitali, espandendosi perfino attraverso i videogiochi.

Le organizzazioni mafiose utilizzano strumenti digitali come le criptovalute per il riciclaggio di denaro, i pagamenti illeciti e il mascheramento dei traffici illegali, oltre a tecnologie come l’intelligenza artificiale per sofisticare le loro operazioni. TikTok sembrerebbe il luogo di maggiore infiltrazione. La ricerca evidenzia inoltre che l’attività digitale delle mafie produce oltre un milione di frame legati all’attività metropolitana di Napoli. “Cosa succederà – si chiede Ravveduto – quando nuovi gruppi della Generazione Z decideranno di essere più produttivi nello spazio di contaminazione nei prossimi anni?”.

Infine, il professore Bellofatto, pedagogista della comunicazione, la cui principale platea di interesse sono gli adolescenti, ha posto l’accento sulle modalità dell’informazione e sul pericolo che essa venga distorta. La comunicazione, afferma, deve essere fondata su competenza, cultura e attenzione ai problemi che crea la Mafiosfera. “Siamo tutti impegnati a un cambiamento – conclude – che però sarà lungo.”

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