PIANO DI SORRENTO. “Sul tavolo da poker, i carabinieri trovarono solo fishes. La posta in palio era rappresentata dalle quote d’iscrizione. Non fu gioco d’azzardo, ma di abilità e sotto forma di torneo”: queste le motivazioni della sentenza che ha assolto 6 membri del circolo “Acli” di Piano di Sorrento, imputati  di gioco d'azzardo all'interno dell'associazione cattolica della penisola.

IL PROCESSO. Antonio Maresca, Salvatore Cinque, Giuseppe Barba, Aniello Esposito, Baldassarre Di Nota e Giovanni Schisano (tutti difesi dall'avvocato Luigi Alfano) erano accusati dalla Procura di Torre Annunziata di aver trasformato l'associazione cattolica in una vera e propria bisca clandestina, specializzata nel poker texano (il noto “Texas Hold’Em”). Secondo il pm, il custode Maresca “controllava sulla porta d’ingresso l’arrivo delle forze dell’ordine”. Il resto della presunta bisca, invece, giocava a “Texas Hold’em puntando fishes e dunque denaro”. L’avvocato Luigi Alfano è riuscito a dimostrare in dibattimento che i 6, in realtà, “giocavano solo un caffè o delle coppe”.

I MOTIVI. Per il giudice del tribunale di Torre Annunziata, Federica De Maio, “il fatto non è previsto dalla legge come reato”. Secondo la Cassazione, infatti, “i giochi di carte organizzati in forma di torneo, ove la posta in gioco sia costituita esclusivamente dalla quota d’iscrizione, sono considerati di abilità e non d’azzardo. La mancanza di una disciplina per il poker sportivo non a distanza non rende illecito il gioco”. Una sentenza, questa, prima nel suo genere, e destinata a creare un fondamentale precedente per altri casi simili.    

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