In questo periodo contraddistinto dallo scorrere piatto del tempo, dalla mancanza di socialità, da ristoranti, bar e musei chiusi, non potevamo che volgere lo sguardo verso ciò che di bello ci è concesso di ammirare “dall’esterno”.

Proprio in questo contesto acquista un ruolo centrale l’arte pubblica:  installazioni all’aperto, visibili a tutti, libere, accessibili, prive di barriere.

Vedi “la ferita” (aperta) inaugurata oggi da JR su Palazzo Strozzi a Firenze.

In questo percorso alla ricerca della bellezza (che salverà il mondo) ci viene in aiuto anche la moda, legata, nel nostro caso, indissolubilmente al mondo dell’arte, quale elemento imprescindibile del binomio.

Vorrei dunque parlarvi dell’espressione di una forma molto particolare ed identitaria di arte pubblica: PRADA Marfa.

Vi siete mai chiesti quale fosse il suo significato?

Concepita nel 2005 dal duo scandinavo Elmgreen & Dragset, PRADA Marfa è una scultura permanente o come gli stessi artisti la definiscono un “progetto di arte del paesaggio pop-architettonica”, che assume l’aspetto di un autentico negozio Prada.

La boutique, dallo stile volutamente minimal, rispetta tutti i canoni delle sue omonime sparse per il mondo. Sono visibili al suo interno una moquette bianca e dei ripiani retroilluminati, utili a conferire agli oggetti esposti - scarpe e borse della collezione fall/winter 2005 donate dalla stessa Miuccia, contributor del progetto grazie all’omonima Fondazione - la medesima “aura” promanata anche dalle più comuni opere d’arte.

Sono certa che molti, se non tutti, conosceranno il Brand milanese e che alcuni avranno di sicuro, in casa, oltre ad abiti, borse o scarpe dell’iconico marchio, una stampa decorativa che riporta la dicitura “Prada Marfa —> 1837 MI”.

Quale messaggio cela la famosa insegna?

Ebbene Marfa è una piccola cittadina del Texas divenuta celebre grazie a Donald Junn, minimalista visionario che, a partire dal 1970, tramutò questo piccolo villaggio “in una vera e propria mecca dell’arte contemporanea”. 

Grazie a Junn il centro abitato acquisì la fama internazionale necessaria al proliferare di numerose gallerie d’arte, tra le quali ricordiamo la nota Ballroom.

Questo è uno dei motivi che ha portato il duo scandinavo Elmgreen & Dragset a concepire l’installazione, la quale sorge nel deserto del Chihuahua (Texas) a circa 60km dall’omonima cittadina di Marfa.

Curiosità: Un gigantesco cartellone stradale che fa parte dell’installazione indica la direzione per la città di New York e la distanza 1837 miglia.

Lo stesso “quadro” è poi apparso nella fortunata serie televisiva Gossip Girl conferendo, così, al “lavoro” la sua massima popolarità.

Consacrazione (della scultura) avviene anche grazie all’apparizione in un episodio de I Simpson, che vede Homer fare pipì proprio sulla vetrina del “negozio”.

Attraverso quest’opera, collocata in un contesto ostile all’uomo (una statale nel bel mezzo del deserto) e lasciata all’incuria ed al decorso del tempo, gli artisti, avrebbero voluto dimostrare l’evanescenza di quei beni di lusso, ponendoli in un contesto surreale ed inverosimile. 

Una sorta di denuncia nei confronti del consumismo e del materialismo occidentale, del retail tourism e del cosiddetto fenomeno della gentrificazione.

Tuttavia il negozio, costruito con materiali biodegradabili e provocatoriamente concepito per deteriorarsi naturalmente nel tempo, fu però, dopo poco, vandalizzato e depredato (con sommo sconcerto degli autori).

Fu così che, rimesso a nuovo e ricollocata la merce, mai più venne lasciato “in balia del tempo e degli eventi”.

Risulta evidente con il passare degli anni ed ancor più con l’avvento dei social media (vedi instagram), come, il progetto abbia smarrito la sua originale identità, assumendone una completamente diversa (a sostenerlo sono i medesimi artisti). 

Ciò è dovuto probabilmente al modo in cui il pubblico ha percepito e reinterpretato l’installazione.

L’opera, voluta per denunciare la tendenza alla gentrificazione, si è rivelata essere indissolubilmente legata al “fenomeno moda”, tramutandosi così, essa stessa, in un feticcio, oserei dire, dal potenziale virale. 

Cercata, visitata, fotografata, amata, “PRADA Marfa” ha acquisito una nuova identità, confermando il potere comunicativo che il “mondo del fashion” può avere, in questo caso, anche nell’arte. Capacità di stravolgere e sovvertire idee e visioni. 

Come gli stessi artisti dichiarano: <<i musei sono luoghi in cui l'arte va a morire, mentre l'arte pubblica vive di vita propria>>.  “Ogni visitatore dialoga con l’opera vivendo a modo proprio l’esperienza dell’arte”.

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