“Dopo la ressa all'interno della pescheria ho sentito uno sparo. Credevo avessero ucciso Giovanni, invece hanno sparato altrove. Ho avuto tanta paura”. È il racconto di Giovanni Solimeno, il collaboratore di Giovanni Morione che ha ripercorso quei momenti drammatici vissuti all’interno della loro pescheria, pochi minuti prima che la banda armata facesse irruzione nel negozio di Antonio Morione, uccidendolo con un colpo di pistola l’antivigilia di Natale del 2021.

Si è svolta una nuova udienza nell'ambito del processo per l'omicidio del pescivendolo di Torre Annunziata assassinato nella sua pescheria di Boscoreale. Davanti al Presidente della seconda sezione penale della Corte d'Assise di Napoli, Concetta Cristiano, sono comparsi gli imputati: Giuseppe Vangone e Francesco Acunzo in aula, mentre Luigi Di Napoli e Angelo Palumbo hanno partecipato in videoconferenza. Tutti e quattro rischiano la condanna all'ergastolo.

Uno dei momenti più significativi dell'udienza è stata la deposizione di Giovanni Solimeno, collaboratore di Giovanni Morione, che ha raccontato con voce rotta dalla paura quei tragici istanti. Il suo resoconto ha riportato l'aula al dramma vissuto quella sera, quando la pescheria era stata oggetto di una rapina prima dell'attacco che costò la vita a Morione.

A parlare è stato anche il fratello di Antonio, Giovanni Morione. Il suo racconto però è offuscato da ricordi non chiari. Uno degli elementi più controversi emersi dall'udienza riguarda il “dialetto” parlato dagli assalitori. In un verbale dei carabinieri, il linguaggio utilizzato dai rapinatori era stato identificato come appartenente agli abitanti del Piano Napoli di Boscoreale, un dettaglio che sembrerebbe in contrasto con la provenienza effettiva degli imputati, estranei a quella zona. Questo elemento ha sollevato dubbi e aperto nuove riflessioni sulla dinamica della rapina e sulle responsabilità dei presenti.

L'udienza ha poi visto un approfondimento sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, considerate dal pubblico ministero Moccia insufficienti a delineare con certezza le responsabilità degli imputati. In particolare, è emerso un errore nell'attribuzione di una frase a una persona che, in realtà, sarebbe stata pronunciata da un altro soggetto. Questo ha spinto il PM a chiedere e ottenere un'ulteriore analisi delle intercettazioni, con l'obiettivo di chiarire ogni possibile ambiguità e fornire elementi probatori più solidi.

Il processo proseguirà fra due settimane con una nuova udienza, durante le quali saranno esaminati ulteriori elementi di prova e ascoltate altre testimonianze cruciali. Tra queste quella del titolare delle indagini, il maggiore Simone Rinaldi che all’epoca era al comando del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Torre Annunziata. L'attesa è alta, soprattutto per comprendere se gli approfondimenti richiesti dal PM (che verranno discussi in un’udienza successiva) porteranno a una maggiore chiarezza sulla dinamica dell'omicidio e sulle responsabilità degli imputati. La famiglia di Antonio Morione e le comunità di Torre Annunziata e di Boscoreale attendono con apprensione il verdetto di una vicenda che ha lasciato una ferita profonda nelle due comunità.

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