“Mio padre è sotto terra e loro sono in gabbia, abbiamo perso tutti. Avrebbero potuto sparargli alla gambe e invece lo hanno ammazzato senza scrupoli e solo per soldi. Non saremo mai più quelli che eravamo prima. Per noi era sia un padre che un amico e adesso non c’è più”.

Cala il gelo nell’aula 116 della Corte d’Assise di Napoli ascoltando le parole di Teddy Morione, il figlio del pescivendolo assassinato durante un tentativo di rapina. Frasi impregnate di dolore e pronunciate davanti ai killer di suo padre. Uno dei rapinatori accenna un sorriso dalla gabbia durante il video dell’omicidio di Antonio. La sua immagine fa a pugni con quella della vedova Maria Rossi, che con coraggio e dignità prova a trattenere il pianto.

“Papà faceva di tutto per non farci preoccupare. Quando è morto siamo stati perseguitati per mesi dalle immagini del suo omicidio e abbiamo fatto fatica a ricominciare. Indossavamo una maschera e un falso sorriso per affrontare la vita di tutti i giorni. Andavamo a lavorare ma poi, tornati a casa, ognuno si chiudeva nella sua stanza a piangere. Ho iniziato con lui in pescheria nel 2019 e oggi sono io che gestisco l'attività insieme a mia madre”.

Questo è solo l’inizio per la famiglia Morione, difesa dall’avvocato Giuseppe De Luca. Il processo è appena iniziato e si dovranno aspettare i tre gradi di giudizio per chiarire ogni punto oscuro della vicenda. A rischio ergastolo Giuseppe Vangone, Luigi Di Napoli, Francesco Acunzo e Angelo Palumbo.

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