Processo Olimpo. Greco: “Potevano ammazzarci, ho preferito pagare il pizzo”
L’ex re del latte giustifica i suoi rapporti con i clan di Castellammare: “Mandavo soldi da Scanzano a Ponte Persica”
06-02-2021 | di Redazione
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Potevano ammazzarci, invece ho preferito pagare il pizzo a tutti, da Scanzano a Ponte Persica. Avevo paura per me e mio figlio”. Ha provato a difendersi così Adolfo Greco nonostante alcune richieste esplicite fatte a uno dei boss più feroci della zona.
"Io sono Adolfo, Raffaele deve venire qua in 24 ore". Un ordine che Greco dà ad Afeltra. A chiedergli spiegazioni è stato proprio il presidente del collegio Fernanda Iannone. Questa è stata una delle tante frasi e fatti di cui l'imprenditore stabiese ha dovuto rispondere nel lungo interrogatorio, momento chiave del processo all'influente uomo di affari e ai boss di quattro cosche. "Sono parole, non ci dovete fare caso. Dettate dalla paura, dalle circostanze. Io sono una vittima, ho sempre pagato e non ho mai avuto il coraggio di denunciare. Avevo paura per i miei familiari”.
È la difesa dell'uomo finito in cella per quei rapporti e quegli incontri che, per gli inquirenti, ne fanno un punto di riferimento per le organizzazioni criminali tra Castellammare e i Lattari. Il pm Cimmarrotta oggi in aula gli ricorda quanto sostenuto dai collaboratori di giustizia su quei rapporti. I pentiti, Aniello Orsini e Salvatore Belviso, parlano di Greco come un referente di Pasquale D'Alessandro e di chi divide i profitti con il boss Vincenzo. "Io ho sempre e solo pagato le estorsioni, pagavo tutti da Scanzano a Ponte Persica" ripete molte volte dalle undici di mattina alle 15 del pomeriggio.
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"Non ho denunciato, ma come me a Castellammare non denuncia il 99% degli imprenditori". Li spiega così quegli incontri con la vedova di Michele d'Alessandro, Luigi di Martino, Raffaele Afeltra. L'immagine della vittima, però, non si riflette in quanto ascoltato e ricostruito dagli investigatori durante le indagini con intercettazioni e controlli incrociati. Uno specchio rotto. Una doppia verità su cui, a lungo, si sofferma la presidente Iannone che alla fine del processo dovrà pronunciare il suo verdetto.
Greco insiste. Le sue domande provano a fare combaciare i pezzi, le due immagini. Greco è più nervoso di quanto non lo fosse nella prima parte della deposizione avvenuta una ventina di giorni fa. Sugli Afeltra torna sulla frase "Sono Adolfo, amico degli amici". Per Greco un modo per difendersi dalle minacce: "Gli inquirenti hanno ascoltato tutto e non sono intervenuti. Potevano decidere di ammazzarci, sono bestie animali". I giudizi su una vittima sui suoi carnefici. Poi le parole ascoltate nelle intercettazioni sui suoi rapporti con gli Afeltra tornano a riecheggiare in aula: "Sono simpatizzante della vostra famiglia". E le due immagini tornano ad essere sempre più distanti.
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