TORRE ANNUNZIATA. “Non conosco né Giuseppe De Lorenzi, né suo padre. Nessuno mi ha mai avvicinato. So solo che mio figlio fu sparato fuori al bar ‘081’ di via Caravelli e 5 anni dopo non capisco ancora perché”. E’ tuttora incredulo Alfonso Pallonetto, l’ex allenatore in seconda del Savoia che il 18 marzo 2011 rischiò sul serio di perdere suo figlio, Domenico, 26enne incensurato di Torre Annunziata, raggiunto quel giorno in strada alle 13:45 da due colpi di pistola alle gambe.

Il papà della vittima è stato ascoltato come teste chiave della difesa (rappresentata dall’avvocato Giuseppe de Luca), nel processo sull’attentato che a tre giorni dalla primavera sconvolse gli habituè dell’aperitivo alla zona nord della città. Processo in corso dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Torre Annunziata, Mariaconcetta Criscuolo, per chiarire a quasi 5 anni di distanza il movente e le dinamiche dell’agguato.  

A sparare con una semiautomatica scura a bordo della sua “Audi A3” nera – per il pm della Procura della Repubblica Emilio Prisco – fu Giuseppe De Lorenzi, 30enne oplontino, finito in carcere nel 2013 (l’ordinanza è stata poi annullata dal Riesame) per le gravissime lesioni riportate dalla vittima degli spari. Domenico Pallonetto, che secondo l’accusa ha sempre taciuto il nome del suo aggressore pur conoscendolo (ora infatti Pallonetto è pure alla sbarra per favoreggiamento personale, ndr) fu trasportato da due amici all’Ospedale di Boscotrecase, finendo poi sotto i ferri per 8 ore al “Cardarelli” di Napoli: il ragazzo riportò una frattura alla fibula destra guaribile in 60 giorni.

LA TESI DEGLI INQUIRENTI. “Un raid per gelosia e paura, ma con l’errore”: questa la pista immediatamente seguita dal pm e dal gip Antonio Fiorentino del Tribunale di Torre Annunziata. Intricata la storia passionale alla base degli spari. Secondo la Procura Pallonetto, poco prima dell’attentato, mosse delle “avances alla compagna di Giuseppe De Lorenzi”. Donna in precedenza legata a P.C., all’epoca in carcere in Toscana, e dal quale ebbe un figlio. Il “galeotto” però, dal 17 al 20 marzo 2011, ritornò a Torre Annunziata: era in permesso-premio e forse litigò con il nuovo compagno della ex.

Giuseppe De Lorenzi, da quel giorno, iniziò a temere possibili ritorsioni. Probabilmente per questo girava in auto con una pistola, gli occhi coperti da grossi occhiali scuri: aveva paura della classica “imboscata” e il 18 marzo 2011 avrebbe scambiato Domenico Pallonetto, di ritorno dal lavoro alla guida della sua “Y10” viola, per un vero e proprio “scagnozzo” mandatogli contro.

LE INTERCETTAZIONI. A conferma dell’ipotesi – secondo la Procura – alcune intercettazioni telefoniche tra la vittima e la sua ex compagna: “…quando vedi a una dici le parole, ora che vuoi fare?...” – “…niente…però devo sfruttare la cosa…i soldi!...che abbiamo una sorella in mezzo alla strada”. Frasi che, lette in udienza dal pm, dimostrerebbero sia il movente passionale, sia l’iniziale volontà di Pallonetto di “sfruttare” l’errore, chiedendo soldi in cambio all’autore dell'attentato.

Nella foto, i rilievi della scientifica dopo gli spari in via Caravelli

 

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