Raimo Chiacchiera, lo chef giramondo con un sogno nel cuore: “Tornare a Torre Annunziata”
L’eccellenza oplontina premiata dall’Associazione Cuochi Italiani con il “Cappello d’oro” a San Patrignano
22-11-2018 | di Marco De Rosa
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Uno chef di Torre Annunziata insignito del “cappello d’oro” al congresso nazionale “Les Toques Blanches d’Honneur”.
Si tratta di Raimo Chiacchiera, che ha ricevuto lunedì 19 novembre a San Patrignano l’onorificenza professionale alla carriera per i suoi meriti nel settore enogastronomico con l’impegno di rispettare oggi e sempre le regole della buona cucina italiana nel mondo. Il lavoro di chef Raimo è stato sottoposto allo studio di una commissione che ha valutato il suo percorso professionale rilasciando il titolo, fornito dall’associazione Cuochi Italiani, che viene elaborato su quattro livelli: bronzo, argento, oro e platino. Il talento di Torre Annunziata, città in cui Raimo è nato, cresciuto e nella quale tuttora vive, è arrivato al penultimo step, il cappello d’oro. E non ha intenzione di fermarsi: “L’anno prossimo – dice - punto al platino”.
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Una carriera iniziata a Palma de Maiorca, per lo chef giramondo. Poi a Lucca, in Italia, per poi volare di nuovo in Arabia Saudita al servizio del consolato italiano per cinque anni. “E’ stata l’occasione – ha spiegato lo chef - per conoscere le tradizioni di molti paesi, come Argentina, Giappone, Danimarca, Regno Unito, Turchia, Brasile e tanti altri”. Ora ricopre il ruolo di executive chef per Sebeto, una holding che è composta da brand conosciuti in tutto il mondo, come Rossopomodoro e Ham holy Burger, il marchio che Raimo Chiacchiera sta sviluppando attualmente, nell’ambito dell’hamburgeria gourmet.
Quasi 150 punti vendita in tutto il mondo, 3000 addetti ai lavori, serviti più di 8 milioni di pasta all’anno: sono solo alcuni dei numeri che lo chef ha contribuito a migliorare. “Vivo quasi sempre lontano da Torre Annunziata a causa del mio lavoro, che però mi regala tante soddisfazioni. Anche l’aspetto economico passa in secondo piano rispetto al benessere che provano le persone per le quali cucini”.
Una passione che si è trasformata in lavoro, mantenendo l’umiltà che ogni chef dovrebbe avere. E un piccolo sogno nel cuore, quello di lavorare a Torre Annunziata: “Da vent’anni lavoro in tutto il mondo e per questo ringrazio mio padre che ha fatto mille sacrifici credendo sempre in me, oltre a mia moglie che mi ha sempre accompagnato nei miei mille viaggi in giro per il mondo. Non ho mai smesso di credere che un giorno possa tornare nella mia terra. Mettere al servizio degli altri la mia esperienza, con le eccellenze che conserva il territorio, sarebbe una bella idea”.
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