Rampa Nunziante, appello della Procura per Cuomo e Lafranco: “Non sono da assolvere”
Il giudice Todisco li scagionò dall’accusa di omicidio colposo. Ma la pm Ambrosino non si arrende
03-12-2021 | di Gianluca Buonocore
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La Procura non ci sta e inoltra l’appello per le assoluzioni di Roberto Cuomo e Massimo Lafranco. I due avvocati furono scagionati, lo scorso 21 luglio, dall’accusa di omicidio colposo, ma condannati a un anno e due mesi di pena sospesa per falso ideologico, per il crollo del palazzo di via Rampa Nunziante che causò la morte di 8 persone, tra cui due bambini, il 7 luglio 2017.
Il giudice Francesco Todisco decise di accogliere la richiesta da parte del loro legale Elio D’Aquino.
L’APPELLO. La pm Andreana Ambrosino ha depositato così l’Appello, con la posizione di entrambi che potrebbe essere rivista nel corso del secondo grado di giudizio. Cuomo e Lafranco erano rispettivamente l’amministratore di condominio del palazzo crollato e l’ex proprietario di fatto degli appartamenti al secondo piano poi rivenduti a Gerardo Velotto (condannato in primo grado a 12 anni e 6 mesi).
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Secondo Todisco, Cuomo, per il grado di conoscenza dei segni premonitori e per le sue specifiche qualità personali, non era in grado di prevedere la tragedia. Lui si era affidato a tecnici di comprovata esperienza come Aniello Manzo (condannato a 11 anni) e Giacomo Cuccurullo (deceduto il 7 luglio assieme alla moglie Edy e al figlio Marco).
Più particolare la posizione di Lafranco. Per Todisco “La consegna delle chiavi a Velotto, in esecuzione del contratto preliminare datato 12 maggio 2017, ha trasferito all’acquirente la custodia in virtù della sua detenzione qualificata. E inoltre nel corso del processo non sono emerse prove che Lafranco possa ritenersi investito di una posizione di garanzia per un suo comportamento concreto nei danni provocati dal crollo.
Inoltre è evidente che se l’avvocato non avesse autorizzato l’intervento edilizio in giardino, il crollo si sarebbe determinato ugualmente poiché era frutto di interventi completamente diversi e non autorizzati”.
Sconfessato anche il testimone della Procura Mario Menichini, con dichiarazioni che per il giudice erano incoerenti e contraddittorie. Il giudice monocratico ha accettato la tesi della difesa che sottolineava come i comportamenti di Menichini fossero stati dettati dall’astio che provava verso l’avvocato. Lui stesso aveva ammesso di aver avuto in passato rapporti economico-commerciali poi finiti male. E soprattutto di aver sporto denuncia più volte nei confronti di Lafranco.
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