“E’ stato lo stesso Cuomo a innescare il meccanismo di controllo sul palazzo crollato. Nonostante non avesse competenze specifiche per accorgersi del pericolo imminente, è una vittima psicologica di questa tragedia. Ecco perché chiedo la sua assoluzione, non ci sono elementi che dimostrano che fosse consapevole di quello che si sarebbe verificato di lì a poco”.

Lo ha detto l’avvocato Elio D’Aquino durante l’udienza del processo sul crollo di Rampa Nunziante. Chiesta l’assoluzione anche per Roberto Cuomo. “Non ci sono prove che frequentasse quel condominio – ha sottolineato D’Aquino – non ha ricevuto lamentele degli inquilini se non per la polvere sulle scale, è stato epurato dalle suggestioni delle chat. Ma più di ogni altra cosa non aveva le competenze per sospettare qualcosa. Lo stesso Giacomo Cuccurullo, responsabile proprio per la sicurezza degli edifici di Torre Annunziata, non percepì il pericolo”.

Durante la discussione l’avvocato ha ricostruito le dichiarazioni rilasciate dai testimoni che hanno sfilato nell’aula Siani. Dai coniugi De Felice – Duraccio a quelli della famiglia Guida, fino ai lavoratori del primo piano come Damiano Opomia. “C’è stata confusione da parte dei testimoni sulla cronologia degli eventi – ha confermato d’Aquino -. Quello che emerge è che i lavori strutturali sono iniziati dopo il 20 giugno -. E allora chiedo come sia possibile che già agli inizi del mese Anna Duraccio e Pasquale Guida si siano recati dall’amministratore per dirgli che stava accadendo qualcosa di grave e che bisognava intervenire. E’ stato lo Stesso Cuomo a innescare il meccanismo investigativo sul palazzo, nonostante nessuno abbia scritto o detto a Cuomo per far sapere cosa stava accadendo al suo interno”.

Fatta chiarezza anche sulle presunte chat whatsapp scomparse dal cellulare di Cuomo e Lafranco: “Nessuna scomparsa – ha continuato d’Aquino –. Nessuno ha sequestrato i loro cellulari. Anzi abbiamo riordinato quelle chat e le abbiamo portate all’attenzione della magistratura”.

Ricostruita anche la riunione del 6 luglio, la sera prima del crollo: “L’incontro è stato generato per ragioni condominiali, non come ha spiegato la Procura, per criticità strutturali del palazzo. La condanna – ha concluso d’Aquino è legittima solo se viene accertata una condotta omissiva tale da far verificare il tragico evento”.

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