Prime testimonianze dei familiari delle vittime al processo sul crollo di Rampa Nunziante.

A essere ascoltati dal giudice Francesco Todisco sono stati Giovanni De Felice e Imma Duraccio, rispettivamente cognato e sorella di Anna Duraccio e la signora Pasqualina Pane, amica di Pina Aprea.

L’udienza è cominciata con le dichiarazioni di Giovanni De Felice che ha raccontato della lite verbale avuta con Gerardo Velotto nei giorni precedenti la disgrazia. Motivo della discussione i forti rumori causati dai lavori al secondo piano.

“I lavori sono cominciati alla metà di maggio del 2017. Non riuscivo più a sopportare i rumori dei martelli pneumatici. Un giorno notai una nuvola di polvere perché spesso il materiale di risulta veniva lanciato dal balcone direttamente sul furgone. Tra il materiale vi erano diversi mattoni enormi di tufo. Dopo aver visto il nostro balcone totalmente sporco gettammo dei secchi d’acqua. A questo punto Velotto si rivolse a noi con termini offensivi. Poi passò Aniello Manzo in sella al suo scooter e lo informai di quanto stava accadendo, ma lui non disse nulla. Qualche giorno dopo ne discussi anche con mio cognato Pasquale Guida che mi disse di lasciar perdere. Noi tentavamo di spingerlo dalla nostra parte, ma lui non voleva si creassero dei problemi. Questo raffreddò un po’ i nostri rapporti”.

Particolarmente toccante è stato anche il suo racconto su quella tragica mattina. De Felice si è commosso ricordando quegli agghiaccianti momenti. “Io e mia moglie fummo svegliati da un boato, non sapendo cosa fosse accaduto andai nella cameretta per controllare le mie figlie. Aprii la porta d’ingresso e fui costretto a chiuderla subito perché fui travolto da una nube di polvere. Successivamente mi affacciai al balcone e in strada c’erano le zie di mia moglie di ritorno dallo jogging in villa comunale che parlavano di un crollo. La nube di polvere era calata e riuscii a vedere uno spiraglio di luce: il vano ascensore non c’era più. E accanto, non c’era più nemmeno l’appartamento dei miei cognati. Era venuto giù tutto. Mente vedevo questa scena, sentii un pianto: era la signora Caldara che abitava sopra di me e che anche lei, come me, aveva davanti agli occhi quella scena. Mi recai al piano superiore per recuperare la signora e insieme alla mia famiglia lasciammo il palazzo”.

Poi è toccato alla moglie Imma Duraccio, che ha confermato la versione dei fatti del marito. Aggiungendo alcuni particolari sullo scarico dei di materiali di risulta direttamente dal balcone dell’appartamento del Velotto al secondo piano: “Erano grosse pietre, che venivano trasportate una alla volta, oltre a vario materiale. Veniva tutto buttato nel cassone dell’autocarro posto sotto al balcone dell’appartamento. Veniva scaricato così tanto materiale che talvolta occorrevano più viaggi di carico e scarico”.

Gianluca Buonocore - Marco De Rosa

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il racconto di imma duraccio

Il racconto del crollo di De Felice

La lite per i lavori al secondo piano