“Da questa tragedia la famiglia Laiola non ha più nulla. Solo una fede nuziale e un quadro. Il crollo ha portato via la loro unica figlia e il loro unico nipote”.

Sono le parole che Giovanni Verdoliva, l’avvocato difensore della famiglia Laiola, ha pronunciato in aula nel corso del processo per stabilire la verità sul crollo di Rampa Nunziante. Dopo la requisitoria del pm Ambrosino, è toccato discutere alle parti civili. L’avvocato ha avanzato alcuni dubbi sulla perizia dell’Ingegnere Petti che “basa la sua ricostruzione dei fatti sull’ipotesi che il palazzo sia stato costruito in epoche diverse”, sposando invece la linea sostenuta dai prof. Augenti e Prota, secondo cui il crollo è stato causato dal cedimento del maschio murario 3 al secondo piano della palazzina.

Spazio poi alle preoccupazioni di Cuccurullo, espresse al ritorno dal viaggio a Praga, poco prima della tragedia. “Giacomo non ha avuto la possibilità di andare a vedere cosa stesse accadendo al secondo piano – ha riferito in aula Verdoliva – minacciando anche di andare al comune. E’ stato fermato e gli è stato fatto accettare il rischio che la situazione potesse degenerare, come poi purtroppo è accaduto”.

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