Rampa Nunziante. La tesi di Acanfora: “Maschio murario 3 sovraccaricato, puntelli insufficienti”
Il consulente tecnico della famiglia Guida in aula: “Per eliminare il tramezzo serviva uno studio approfondito”
23-01-2020 | di Marco De Rosa
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“Sul maschio murario 3 gravava un peso di circa 50 tonnellate. Inoltre era stato ridotto di sezione. Questa manomissione ha certamente influito sul crollo, non avrebbe potuto sopportare il peso della struttura”. A dirlo in aula è l’ingegnere Massimo Acanfora, il consulente di parte della famiglia Guida, chiamato a deporre per spiegare le cause del crollo della palazzina di via Rampa Nunziante.
LA DEPOSIZIONE DI ACANFORA. Nell’aula Siani del tribunale di Torre Annunziata, l’ingegnere ha ripercorso le fasi successive al crollo, quando ha effettuato i sopralluoghi con gli altri consulenti tecnici. Acanfora ha sostenuto la tesi presentata qualche mese fa dai periti della Procura della Repubblica, Nicola Augenti e Andrea Prota, rinforzandola anche con dati numerici: “Sui maschi murari gravava un peso di circa 35/36 tonnellate – ha spiegato Acanfora nel corso della sua deposizione -, ma dopo l’eliminazione del tramezzo posto sotto la trave, sul maschio 3 il peso era aumentato di circa il 40 per cento, anche per effetto degli altri tramezzi posti sulla verticale. Andava fatto uno studio tecnico approfondito prima di eliminarlo”.
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LE LESIONI. Ma c’è dell’altro. L’ingegnere Acanfora si è soffermato anche sul quadro fessurativo dello stabile, pochi giorni prima del crollo. “Sono stati apposti dei puntelli – ha spiegato in aula – ma se fossero stati installati così come impone la legge, forse il crollo si sarebbe evitato. Sicuramente però, qualche giorno prima del tragico evento, qualche fessura in più era visibile. I puntelli sono stati insufficienti”.
LA DESPOSIZIONE DI AMODIO. A parlare in aula è stata anche Roberta Amodio, proprietaria di uno degli immobili del palazzo, ereditato dal padre e che ora dovrà rispondere del reato di falso ideologico in atto pubblico. Secondo la Procura, la Amodio ha attestato falsamente nel contratto preliminare di vendita stipulato davanti al notaio Domenico di Liegro che l'intero fabbricato era stato realizzato in epoca antecedente al 1 settembre 1967 in conformità alla normativa vigente. Un’attestazione non veritiera, visto che l'intero fabbricato è risultato realizzato in assenza di licenza edilizia, ma solamente con un certificato di abitabilità. “Mi sono fidata del contratto che mi è stato sottoposto – ha affermato Roberta Amodio in aula – e ho dato per scontato che fosse tutto legittimo, visto che oltre al notaio c’erano anche gli avvocati di entrambe le parti. Non mi è stata segnalata alcuna irregolarità”.
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