“Lafranco ha minacciato di distruggere me e la mia famiglia”. Sono queste le parole riferite da Mario Menichini, nel corso dell’ultima udienza del processo sul crollo di Rampa Nunziante.

Il teste, che si presentò spontaneamente in Procura come persona informata sui fatti, ha parlato dei suoi rapporti con l’avvocato oplontino, indagato per omicidio colposo.

LE LAMENTELE DI CUCCURULLO. Menichini ha raccontato di aver ascoltato casualmente una conversazione tra Aniello Manzo e Massimo Lafranco, avvenuta nel bar della stazione della Circumvesuviana di Torre Annunziata in via Boselli del suo amico Vincenzo Scognamiglio, una discussione tra Aniello Manzo e Massimo Lafranco. “Nel corso dell’incontro – racconta Menichini – Manzo raccontò a Lafranco che Giacomo Cuccurullo si arrabbiò molto perché, rientrato da una vacanza all’estero, si accorse che gli infissi avevano problemi e notò delle crepe nei muri. Provò a vedere nell’appartamento al secondo piano cosa stesse succedendo – continua sempre Menichini - ma non gli fu concesso di entrare”. Menichini continua nel suo racconto in aula di ciò che ascoltò al bar tra Manzo e Lafranco. “Cuccurullo ha minacciato di chiamare i carabinieri – sono le parole che Manzo avrebbe detto a Lafranco e ascoltate dal teste – Manzo risponde che i militari non avevano competenza e che, se fossero intervenuti, avrebbero poi coinvolto l’ufficio tecnico del comune. In tal caso sarebbero stati guai per tutti”. Secondo quanto raccontato del teste, Manzo avrebbe successivamente chiesto a Lafranco di organizzare una riunione tra i condomini per cercare di chiarire la situazione.

LE MINACCE. Menichini ha anche raccontato dell’episodio avvenuto qualche mese dopo il crollo della palazzina, nello stesso bar teatro del primo racconto. “Scrissi su Facebook un post (‘chi deve leggere sa’) nel quale esortavo la Procura a fare giustizia. Poco dopo Lafranco bloccò il mio profilo social e, successivamente, mi chiamò Vincenzo Scognamiglio nel suo bar. Una volta giunto, mi disse di eliminare il post, che subito dopo cancellai. Poi organizzò un incontro con Lafranco il giorno successivo. Al suo arrivo mi disse di non fare più il suo nome e di non commettere stupidaggini, perché avrebbe distrutto me e la mia famiglia”. Queste parole avrebbero scosso Menichini, che ha affermato di essersi preparato psicologicamente prima di presentarsi dinanzi ai pm. “Vivo in una città omertosa e sapevo di andare contro una persona potente. Ma prima ero troppo dispiaciuto per la perdita del mio caro amico Pasquale Guida e ho dovuto prepararmi a tante eventualità, prima di uscire allo scoperto”.

IL TESTE. Prima di ascoltare il teste in aula, l’avvocato Elio D’Aquino ha chiesto di far acquisire agli atti la sentenza di condanna, passata in giudicato, di Menichini per il reato di calunnia e, inoltre, un dispositivo relativo a un’ipotesi di omissione di soccorso con la sentenza che gli riconosceva uno stato di semi infermità mentale. Il giudice Francesco Todisco ne ha disposto l’acquisizione e si è riservato ogni ulteriore valutazione, qualora le circostanze lo dovessero far ritenere necessario.

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