Rigenera: l'alternativa ai trapianti escogitata dallo scienziato napoletano Graziano
Graziano (Hbw): il nostro sistema è in grado di sostituire gli interventi più invasivi nei casi di media gravità
27-10-2022 | di Redazione

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«In pochi minuti, con il nostro dispositivo Rigenera, siamo in grado di frammentare e polverizzare ogni tipo di tessuto. Un pezzettino di pelle, ad esempio, lo dividiamo in altri pezzettini così piccoli che possono passare per la cruna di un ago. Poi utilizziamo la polverina ottenuta per curare una ferita o una frattura. Come? Spruzzandola direttamente sulla zona che dobbiamo rigenerare. I risultati sono garantiti, e le applicazioni sono potenzialmente infinite».
A dirlo è Antonio Graziano, scienziato napoletano e amministratore delegato di Hbw-Rigenera.
«Abbiamo brevettato - spiega Graziano - quella che per noi è la dimensione ideale per questo tipo di applicazioni rigenerative: tra i 70 e gli 80 micron. Si tratta di frazioni, dunque, decisamente più piccole di un millimetro, che allo stesso tempo riescono a mantenere tutte le capacità vitali e rigenerative, una volta disperse sulla zona interessata».
Il dispositivo Rigenera è stato applicato anche in ambito chirurgico come forma alternativa al trapianto di cuore. «Sono già diversi anni che sono in corso collaborazioni tra la nostra società e l’università di Helsinki, che ha preso in carico lo sviluppo cardio-rigenerativo della procedura. Ad oggi, sono stati trattati circa 20 pazienti con disfunzioni del miocardio dovute a un'ischemia. Anche la Nato e l'Esa, l'Agenzia spaziale europea, hanno opzionato il nostro sistema».
Il funzionamento? «Attraverso la nostra tecnologia è stato preso un frammentino di cuore microscopico, che non ha provocato ulteriori problemi al paziente. È stato successivamente disgregato per poi ottenere questa sorta di polverina da applicare sulla superficie del muscolo cardiaco a mo' di cerotto. Questa membrana, creata direttamente usando cellule del cuore del paziente, ha cominciato a guarire e a rigenerare la parete che appunto era stata lesionata dall’infarto, e ha migliorato nettamente le funzionalità dell’organo, al punto da non dover rendere necessario al momento il trapianto».
«Stiamo riuscendo a dare, mediante una tecnologia semplice, affidabile, italiana, a dare una speranza in più in un campo nel quale ad oggi esistono ben poche strategie tutte estremamente invasive e con non pochi rischi per i pazienti, tra le quali il trapianto».
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