Al via oggi dinanzi al gup Pasqualina Paola Laviano del Tribunale di Napoli il processo a carico di Carmine Mocerino (Udc), tra gli otto consiglieri della Campania per i quali i pm della Procura partenopea, Giancarlo Novelli e Alfonso D’Avino, hanno chiesto il rinvio a giudizio per peculato, nel secondo filone d’inchiesta sulle presunte irregolarità nella erogazione dei rimborsi in Regione. Rimborsi per l’accusa corrisposti sulla base di «spese non documentate» o «estranee alle finalità» per le quali sono state erogate, ovvero il funzionamento dei gruppi regionali.

A Mocerino (ancora oggi in carica, ma col Gruppo “Caldoro Presidente”) la Procura di Napoli contestava l’uso privato di fondi pubblici pari a circa 16mila euro. La posizione del politico sommese si è di fatto alleggerita oggi, al termine dell’udienza, quando il gup, modificando in parte la richiesta dell’accusa, ha ritenuto di “approfondire” il processo sull'utilizzo di “soli” 8mila euro.

“Soldi spesi da Mocerino per pagare l’affitto della sede del partito Udc a Somma Vesuviana”: questa la tesi ribadita anche oggi in aula da Vincenzo Maiello e Roberto Cuomo, legali del consigliere regionale. A metà ottobre il gup scioglierà la riserva sulla richiesta di rinvio a giudizio. Intanto Mocerino spera nel “non luogo a procedere”.

Speranza fondata su una recente sentenza della Corte costituzionale per la quale “non spettava allo Stato, e per esso alla Corte dei Conti, emanare i decreti con i quali è stato ordinato ai presidenti dei gruppi consiliari del Consiglio regionale il deposito dei conti giudiziali relativi alla gestione dei contributi pubblici per le annualità 2010, 2011 e 2012”. Una pronuncia che per gli avvocati di Mocerino dimostrerebbe un conflitto di attribuzione tra poteri. Conflitto che in un giudizio analogo ha già “salvato” a giugno scorso “l’autonomia organizzativa e contabile della Regione Toscana”.   

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