Venerdì 20 febbraio 2015 si è tenuta la prima conferenza dei servizi concernente il “progetto per la risistemazione con risanamento ambientale e funzionale del porto di Torre Annunziata e aree limitrofe”.

Dalle notizie diffuse sembrerebbe che questo progetto determinerà la rinascita del nostro porto ma, dopo questa conferenza di servizi, numerosi sono i dubbi sorti in merito.

Tutto sembrava filare secondo un copione prestabilito, una veloce e sommaria ricapitolazione del progetto da parte del capo progettista l’Ing. Di Giovanni, la quasi assenza di interventi, fino alla carrellata di ‘ovvi’ pareri che, tutti favorevoli con prescrizioni, sembravano rispettare quello che risultava essere un semplice rito formale. Quando ormai ci si era rassegnati ad andar via con la consapevolezza di aver solo perso tempo, arriva il turno della Capitaneria di Porto di esprimere il parere; il Capitano Acanfora inizia il suo intervento affermando che con tante cose da dire il foglio da compilare, che gli era stato consegnato, non sarebbe certamente bastato, quindi il parere della Capitaneria sarebbe stato consegnato successivamente. Sorpreso che a lui tocchi evidenziare l’esistenza di un problema di carattere sociale, ricorda come lo sbocco della bretella comporterà lo sgombro di un campo rom dove vivono circa 30 famiglie. A tal riguardo si domanda come l’Amministrazione comunale intenda gestire questo sgombro o se qualcuno abbia almeno cominciato a pensarci.

Suggerisce anche una soluzione concreta per ovviate a tale problema: la bretella dovrebbe terminare direttamente nel porto, passando per una stradina che si trova alle spalle del campo rom, lato mare, sfruttando un vecchio varco adiacente proprio all’area ex Ferrovie che adesso è del Comune. In questo modo si otterrebbe un doppio beneficio:

  1. evitare un altro dramma sociale;
  2. recuperare il varco sud del porto, ormai da anni in disuso.

Il Comandante passa poi a commentare la parte del progetto che a lui interessa di più, l’escavo.

E’ evidente la sua delusione: “da questo intervento ci si auspicava un’attenzione verso tutto il porto, non solo alla parte commerciale ma anche a quella diportista. Un porto vive anche del diporto. In alcune aree il pescaggio si sta riducendo drasticamente, nella parte più vicina alla banchina ci sono dei punti in cui abbiamo mezzo metro d’acqua. Ciò comporta che i cantieri e gli ormeggi non possano quasi più lavorare.”

Se si analizzano le carte e soprattutto le mappe del progetto, appare chiaro che l’intervento previsto effettivamente non riguarda il porto per intero. Il dragaggio che dovrebbe permettere il recupero del porto dall’inevitabile processo di insabbiamento di cui da anni è vittima, in realtà riguarderà solo una fascia assai parziale di questo. Il progetto prevede la creazione di un canale che dagli 11 metri di pescaggio a largo arriverebbe fino a 10,50 verso la banchina, mentre la sua larghezza varierebbe fino a raggiungere anche gli 8 metri.

 “Avere un canale così stretto e così profondo potrebbe comportare un risultato limitato nel tempo” prosegue il Comandante. Quello che si andrebbe a formare è una sorta di canyon nel mare che, con le correnti e con il tempo (4-5 anni), probabilmente andrà a collassare, pertanto sarebbe auspicabile secondo il Comandante: estendere l’area di intervento mantenendo una profondità costante di non oltre i 10 metri , che è comunque un pescaggio “sufficiente, necessario e utile al porto”, tanto più che al di sotto dei 10,30 metri non si può scavare a causa delle fondamenta delle banchine che sono a 11 metri. Infine, sottolinea che fare un escavo inferiore ai 7,50/8 metri sarebbe inutile, si riferisce ad un’altra area del porto dove vi è una banchina per navi ormai da molti anni insabbiata  per la quale è previsto un dragaggio di 6 metri.

Lo stesso Ing. Di Giovanni ammette che immediatamente dopo o addirittura contemporaneamente a questo intervento se ne dovrebbe prevedere un altro, da parte della Regione, ben più imponente che entri nell’ordine di finanziamenti di 50-60 milioni di euro solo per l’escavo. Secondo l’Ing. la logica del progetto in discussione è impedire che si arrivi all’insabbiamento e permettere di attivare delle potenzialità, in attesa di un nuovo intervento della Regione.

Il Capitano infine suggerisce di convocare la Terna, visto questa ha posizionato un cavo a 8.50 metri di profondità (elettrodotto marino Torre Ann.ta – Capri) proprio nella zona del dragaggio a 11 metri!”

Chi aveva redatto il progetto, così come tutti gli altri, non aveva neppure notato che l’area di escavo fosse interessata dal passaggio a 8,50 metri del cavo, tant’è che Terna non è stata invitata, unica eccezione la Capitaneria di Porto.

Dell’elettrodotto sopra citato, sin da un articolo pubblicato il 25 settembre scorso se ne è molto discusso. Finalizzato ad alimentare elettricamente l’intera isola di Capri, il cavidotto di 30 km nello scorso novembre è stato interamente posato sul fondo marino con una operazione avvolta nel totale silenzio, addirittura il tratto riguardante Torre, quello finale, è stato posato durante la notte, all’alba i torresi si sono risvegliati mentre la nave posacavi lasciava il porto. Questo cavo, benché attraversi le nostre acque in modo parallelo al confine dell’area portuale, più a largo ha finito con interferire con le attività portuali e adesso, anche con l’escavo! Ma mentre nel primo caso è stato possibile ovviare modificando le rotte delle navi e frapponendo segnali fisici, in sostanza una sorta di divieto d’accesso marino, che ricordano il passaggio del cavidotto ai naviganti, nel secondo le interferenze sono molto più determinanti. Dubitiamo che possa essere mai effettuato un dragaggio nell’area segnata dal suo passaggio. Quindi il progetto dovrà essere modificato!

E se si considera che questa mastodontica opera sarà completata solo con la realizzazione del tratto a terra, osiamo solo immaginare quante e quali potrebbero essere le ulteriori interferenze che questa determinerà. Tanto per cominciare nel relativo progetto è prevista la posa del cavo a 150 kV da interrare proprio in un tratto della bretella, che pertanto neppure terminata sarà coinvolta in nuovi lavori di scavo. Inoltre, per quanto concerne tutti i sottoservizi, grande sarà l’incognita.

La prossima conferenza dei servizi è stata fissata per domani, lunedì 2 marzo alle ore 10.00. Ci auguriamo che vi sia, oltre la presenza di microfoni, la massima collaborazione e ascolto tra il Comune e la Capitaneria di Porto, quest’ultima ha dimostrato ampliamente un ottima conoscenza dell’area portuale, delle sue potenzialità e problemi, un ottima visione del divenire e una grande spinta motivazionale.

Dal momento in cui si va a realizzare un intervento che manca da ben 25 anni, bisognerebbe puntare ad ottenere il massimo risultato possibile, soprattutto perché sappiamo fin troppo bene che un ulteriore intervento da parte della Regione finalizzato al completamento dell’escavo non lo vedremo, quasi certamente, ancora per molti anni. Inoltre come suggerito dal Capitano, ci aspettiamo che il Comune, qualora opti per la soluzione progettuale originale, definisca prima possibile la gestione della chiusura del campo nomade e la sistemazione dei relativi sfrattati. Non vorremmo certamente che si ripresenti una ‘situazione emergenziale’ come quella recentemente venutasi a creare con lo sfratto delle famiglie di Palazzo Fienga, tanto più che i box di via Tagliamonte sono già occupati così come la scuola di via Isonzo, inoltre spendere al giorno altri 5.000 euro dei soldi comunali per il mantenimento dei rom, magari in albergo, sarebbe per la popolazione difficilmente tollerabile né giustificabile. 

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