Il ricordo più vivo di Roberto fu quando andammo a casa sua, in via Gino Alfani, per una riunione politica. Ci fece accomodare in salotto, lo stereo era acceso e la voce calda di un bluesman diffondeva un piacevole benvenuto. Conosci le persone da quello che leggono o da quello che ascoltano più che da quello che dicono. E di Roberto scoprii quella sera la sua sensibilità che viaggiava sulle ali di quella scelta musicale e poi i gesti, le parole e il garbo con cui esprimeva le sue idee. A volte si incazzava ma mai con la cattiveria che pure a volte domina gli uomini della politica. Non ricordo di cosa parlammo quella sera, parlavamo tanto in quel periodo successivo al commissariamento del comune. C’era tanta voglia di fare, realizzare, e quel gruppo di lavoro politico del partito Democratico di Sinistra usava le parole come laterizi e la passione come carburante.

Fuori al partito, fuori al Comune, i Gionta e i Gallo comandavano Torre Annunziata tra i nascondigli di palazzo Fienga, i raduni nella piazza dell’Annunziata e le scorribande nel quartiere Murattiano e in tutta la città. Furono anni non di eroi ma di tenace resistenza.

Roberto, consigliere comunale e poi assessore, fu uno dei protagonisti, insieme a tanti altri amici e compagni di quella esperienza con Francesco Maria Cucolo in testa, della trincea della legalità che avrebbe poi portato i suoi frutti anni dopo, con l’arrivo a Torre Annunziata del Comando Gruppo Carabinieri e con le grandi operazioni, della Polizia e dell’Arma, a cominciate con “Alta marea”.

Ricordo, oggi con commozione, le risate con Roberto. Mi chiamava dopo l’uscita dello Strillone. Commentava con me, che dirigevo il giornale, una vignetta o un testo satirico e l’effetto sortito nel Palazzo. Si divertiva un sacco con gli sfottò di Fra’ Geppino Olmi, e stava al gioco chiedendomi di complimentarmi con il frate perché il sindaco Cucolo o il tale assessore si era incazzato tantissimo. 

L’ho conosciuto anche come avvocato. Un professionista come pochi. Preparatissimo, serio, attento, gli porgevi venti scartoffie spillate e leggeva, pagina dopo pagina, e con scrupolo appuntava, si girava al pc entrava non so dove, riappuntava e dopo 15 minuti di silenzio (il dubbio, legittimo, del cliente: ma Roberto Azzurro si ricorda che sto qui?) ti guardava e ti dava tutte le informazioni e i consigli del caso, con onestà e disinteresse. 

Altro tenero ricordo: durante le mie incursioni al suo studio amavo ammirare un piccolo gozzo sorrentino in legno che, inizialmente, teneva in bella vista sul banco reception della segretaria. Gli chiedevo di vendermelo tutte le volte che ci incontravamo proponendogli le offerte più strampalate ma vantaggiose. Gli dissi persino che uno di quei giorni approfittando dell’assenza della segretaria glielo avrei portato via. Poi trasferì lo studio e nel nuovo ufficio posizionò altrove il gozzetto. Gli chiesi dove lo avesse messo e mi indicò in alto, la libreria: “Al sicuro”, disse sorridendo e sfottendomi.

Da sempre lo invitavo a Cortodino e si scusava per la sua assenza. Quest’ anno mi aveva solennemente promesso che non sarebbe mancato, anche con il Vesuvio in fiamme. Non potrà mantenere la sua promessa ma solo Dio sa quanto avrei voluto perdonarlo per la sua ennesima assenza.

Ciao caro Roberto. 

(Nella foto d'archivio Roberto Azzurro durante una delle prime isole pedonali a Torre Annunziata, nel periodo in cui era assessore)

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