Il Vesuvio ancora una volta cattura l’attenzione del pubblico nella biblioteca comunale di Villa Bruno, a San Giorgio a Cremano, al convegno di presentazione del libro di Giuseppina Scognamiglio, “Giovan Battista Bergazzano e il risveglio violento del bello addormentato”. È questa la denominazione con cui l’autrice, docente di Letteratura teatrale alla Federico II, definisce il gigante che sta lì a sovrintendere alla vita dell’area vesuviana e dei suoi abitanti.

La Scognamiglio racconta di una delle eruzioni del vulcano più catastrofiche, quella del 1631 che colpi l’intero comprensorio campano facendo oltre 30 mila morti e distruggendo quasi tutti i casali dell’area. Lo fa attraverso l’opera di Giovanni Bergazzano, figura singolare ed eclettica del tempo, uomo apparentemente semplice e umile per essere un barbiere, ma alla fine autodidatta, poeta e drammaturgo noto nel panorama letterario del Seicento. Egli immagina il dialogo tra il Vesuvio e Bacco che si lamenta perché l’eruzione del 1631 ha distrutto tutti i vigneti in una conversazione tra mitologia, storia, tragico e ludico, sacro e profano, arricchita dall’esibizione teatrale dei due artisti Roberto Capasso e Salvatore Cavaglia. I due leggono brani di questo brillante dialogo in difficile napoletano antico, “Bacco arraggiato co’ vulcano”.

Lo storico Aldo Vella ha introdotto preziosi elementi culturali di storia e di letteratura legati al tragico evento, senza dimenticare i riferimenti a un grande scrittore come Goethe che con il suo “vedi Napoli e poi muori…” mostra quanto abbia apprezzato e amato questo territorio su cui troneggia il grande vulcano. E Giovanni Ricciardi, vulcanologo, ha illustrato la storia e le tipologie delle eruzioni e i tecnicismi del moderno monitoraggio il tutto, tenendo conto della peculiarità del popolo napoletano il fatalismo, condito da una esortazione alla speranza, piuttosto che alla preoccupazione. Tipica la domanda di sempre “ma come sta il Vesuvio?”. Per sdrammatizzare la stessa Scognamiglio simpaticamente: “Si adda succerer, succer”. E cita il grande scrittore Raffaele La Capria: “Siamo tranquillamente sdraiati in una gabbia dove c’è una tigre feroce. La tigre dorme e noi non ce ne curiamo”.


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