Scacco ai clan Pesacane e Gallo-Limelli-Vangone, mano pesante dell’Antimafia. Il Gip Valentina Sincero ha chiesto infatti 245 anni di carcere per i colonnelli delle due organizzazioni camorristiche, operanti nel territorio di Boscoreale e Boscotrecase, arrestati nell’ottobre 2023 dai carabinieri di Torre Annunziata, perché accusati di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio, estorsioni, usura dopo un accordo con i Gallo – Limelli - Vangone.

LE RICHIESTE. Venti anni di reclusione per i presunti capi promotore Giuseppe e Francesco Pesacane, 15 anni per Umberto Pesacane e 18 per Gabriele (detto Sandro) catturato nel dicembre dello scorso anno in una villetta di Scafati a due mesi dal blitz. Quindici anni per l’altro fratello Pasquale Pesacane. Sono considerati uomini ai vertici del clan di famiglia insieme a Santolo Martire (15 anni di richiesta) e Giuseppe Ranieri (12 anni e mezzo) e ancora alle giovani leve Nicola Galise (14 anni), Alessandro Carotenuto (14 anni) e Raffaele Solimeno (12 anni e mezzo), e ancora Francesco Curcio (15 anni), Francesco Caso (12 anni) e Pasquale Ferricelli (12 anni e mezzo). Quindi 14 anni e 8 mesi per Azzeddine Janani, 2 anni e mezzo per Francesco Severino, 8 anni per Gennaro Russo, 9 anni per Rosaria Vangone e Pasquale Ingenito. Chiesta assoluzione per Carmela Gallo.

L’INCHIESTA. Il boss Gabriele Pesacane alias Sandro, reggente dell’omonimo clan, era diventato l’incubo di commercianti e imprenditori. Era lui a gestire l’attività di usura della cosca. Un business redditizio basato su un preciso modus operandi: stritolare le vittime con gli interessi e impossessarsi di aziende e attività commerciali. Sfruttando l'appartenenza al clan di Boscoreale è riuscito a far confluire nelle casse dell'organizzazione ingenti somme di denaro. Migliaia di euro provenienti da imprenditori talmente terrorizzati al punto di risultare ‘fedeli’ e assoggettati alle logiche del boss.

Gabriele Pesacane aveva creato uno stato di intimidazione e prostrazione talmente profondo al punto che nessuna delle vittime aveva mai avuto il coraggio di denunciare le minacce e le violenze. E in caso di rifiuto l'epilogo non poteva essere che questo: "O paghi o muori". Le prove dell’attività usuraia sono emerse dalle indagini dell’Antimafia e dalle numerose intercettazioni ambientali. Nell’attività di recupero crediti e riscossione il boss si avvaleva dell’aiuto dei suoi familiari.

LA DROGA. Dall’acquisto di narcotici nei Balcani all’incontro ad Amsterdam con un importante broker internazionale, fino alla trattiva per un grosso carico da 3 milioni di euro. Sono solo alcuni dei retroscena venuti fuori nella ricostruzione della grande rete formata dai Pesacane. Sarebbe stato proprio il ritorno del boss sul territorio di Boscoreale, tornato in libertà ad ottobre 2018 dopo aver scontato la sua pena per precedenti reati, ad avere sancito la rinascita del clan. Insieme ai fratelli riorganizzò il clan sfidando l’egemonia dei Gallo-Limelli-Vangone, clan rivale operante sul territorio.

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