“Mio padre è stato ‘fortunato’. Quando siamo venuti qualche giorno fa ha aspettato solo 24 ore in sala d’attesa. Ad inizio gennaio c’era da aspettare fino ad 1 settimana”. È la cronaca sconcertante della realtà quotidiana dell’ospedale Sant’Anna e Madonna della Neve di Boscotrecase. Al racconto di una coppia sessantenne fa eco quello di tanti che hanno la sventura di capitare al reparto di ortopedia.

Martedì 20, ore 19. Dall’ingresso opposto a quello del pronto soccorso del nosocomio vesuviano c’è ‘solo’ il parcheggiatore abusivo che, dalla penombra, saluta con un ‘buonasera’. Nessuna guardia giurata giù. Gli uffici chiusi.

All'uscita dall’ascensore al terzo piano, andando nel corridoio a destra, ci sono quasi un centinaio di persone, tra parenti e degenti, e ti spieghi subito perché. Camere affollate con in media 3 letti ma all'occorrenza anche qualcuno posto vicino alla porta d’ingresso. Il punto forte è la sala d’attesa: vetri ‘oscurati’ dalle traverse monouso per i degenti e 6 barelle con altrettanti pazienti che vi soggiornano da ore, se va bene, o da giorni, per qualcuno. Già da fuori la porta, ovviamente aperta, si nota un settantenne che si lamenta perché si è staccato il catetere e la cui privacy è ‘assicurata’ dal solo lenzuolo che ha addosso. In tutta la stanza 3 pannelli a ventaglio che dividono i letti di fortuna.

“Mia nonna ha aspettato 2 ore di fila per una radiografia e 4 ore su una sedia sempre in questa stanza”. Il dito del giovane va sempre nella stessa direzione: la sala d’attesa. O ancora: “A mio padre hanno fatto firmare un modello con cui ha accettato la sistemazione qui, in questo modo. È l’unica cosa sicura quando si viene ad ortopedia. Il signore che ha avuto un letto oggi stava dal 16 gennaio sulla barella”, dice una giovane mamma. O la chiamata al 118 di un signore per sua madre: “Mi hanno risposto che l’unico posto libero era a Vallo della Lucania. Da Torre Del Greco avrei dovuto portare a mamma li. In tutta la provincia di Napoli non c’era un solo letto libero”. A chi penserà che poteva essere una soluzione ‘accettabile’, basta ricordare i 130 chilometri che dividono le 2 città. In fondo, quella stanzetta al centro del corridoio di ortopedia, è solo una camera promiscua in cui, stando ai racconti, vi è l’obbligo del turno di notte di almeno un familiare.

La chiusura dell’ospedale di Torre Del Greco sul versante napoletano e quello di Scafati sull’alto salernitano ha accentuato la crisi della struttura boschese in cui vi è ancora un’ala di 4 piani completamente chiusa ed alcune macchine, come quella per la Tac, che non sono ancora state messe in uso per mancanza di personale. Ma questa è un’altra storia.

Oggi la media era di ‘soli’ 2 giorni in barella in sala d’attesa.

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