Si è conclusa con una sentenza di non luogo a procedere, per intervenuta prescrizione dei reati, il processo relativo ai “corsi di formazione fantasma” ai custodi della Soprintendenza di Pompei, Ercolano e Stabia.

La vicenda che risale al 2012 tirò in ballo il city manager, Luigi Crimaco, e i funzionari Enrico Colombi Evangelista, Olindo De Falco, Vincenzo La Mura, Ciro Mariano, Rosanna Mariano, Davide Pagano, Giuseppe Russo, Francesco Tartani Santonastaso e Giuseppe Vitale, accusati di falso ideologico in atto pubblico e truffa aggravata.

Nei loro confronti i reati risultano estinti per intervenuta prescrizione e il Tribunale di Torre Annunziata ha disposto anche il dissequestro e la restituzione a Luigi Crimaco della somma di 531.842,66 euro che era stata sequestrata su ordinanza del Tribunale del Riesame il 25 ottobre del 2010, quale ammontare complessivo pari al danno subito dalla Soprintendenza. A stabilirlo è stato il giudice Mariaconcetta Criscuolo, al termine del procedimento giudiziario che iniziò su indagini della Guardia di Finanza in seguito ad alcuni esposti anonimi relativi a corsi di formazione professionali eseguiti alla Soprintendenza di Pompei da parte di addetti alla vigilanza.

Secondo quando emerse dalle indagini, quei corsi erano serviti come “compenso” ad alcune ore di lavoro straordinario dei dipendenti eseguito tra gli anni 1988 e 1996, mai retribuito dall'amministrazione. Un mancato compenso che portò anche ad una lunga diatriba sindacale che provocò continue assemblee che limitavano l’ingresso dei turisti al sito archeologico.

Fu proprio per trovare una soluzione alla vertenza, che nel 2004 fu avviato un confronto tra il direttore Amministrativo e le organizzazioni sindacali, con lo scopo di trovare un modo con cui compensare le prestazioni professionali, che dato il tempo trascorso dal periodo di lavoro effettuato erano prescritte. Quelle somme furono quantificate e divennero oggetto di contrattazione nel 2006 in cui il direttore, all'epoca Crimaco, giunse all'accordo con i sindacati per affidare ai responsabili di servizio dei vari siti archeologici il compito di organizzare i corsi di formazione. Il tutto si ridusse per i dipendenti alla compilazione di questionari a risposta multipla su materie come la “difesa personale”, lingua inglese, tedesco e altro. I questionari furono restituiti compilati. E il “corso di formazione” finì lì.

La truffa era rappresentata dal fatto che in apposite schede di presenza ogni partecipante aveva apposto una firma con indicazione dell'orario in cui si era svolto il corso. Solo che quell'orario era perfettamente corrispondente all'orario di lavoro in cui i dipendenti si trovavano in quel momento. E, per giunta, non furono rilasciati attestati dei corsi né altri documenti di sorta. Furono però emessi i mandati per il pagamento in favore di tutti coloro che avevano partecipato ai corsi. I soldi furono attinti da un fondo della Soprintendenza di circa 800mila euro destinato alla produttività del personale dipendente.  

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