SORRENTO. Slitta ancora, per la terza volta in 3 mesi, l’attesa sentenza sul caso “boxlandia”, scoppiato 5 anni fa in penisola grazie alle denunce del WWF e dei consiglieri comunali di minoranza Giovanni Antonetti e Rosario Fiorentino. La verità dei giudici del Tribunale di Torre Annunziata sul parcheggio interrato da 252 box-auto in vico Rota, da costruire in luogo di un agrumeto di 3mila e 200metri quadrati di proprietà di Adriano Bellacosa - l’ex assessore all’Ambiente della Provincia di Salerno prima travolto dall’inchiesta e oggi alla sbarra - doveva scriversi addirittura il 13 ottobre.

Da allora, invece, solo una sfilza di rinvii. Il motivo? Il legittimo impedimento per motivi di salute di uno degli avvocati dei 4 imputati. Il legale, dopo aver subito un delicato intervento chirurgico salva-vita, è costretto a disertare l’Aula per cause terapeutiche. E la verità su “boxlandia” non arriva.

L’INCHIESTA-IL PROCESSO. Abuso d’ufficio e falso ideologico le accuse mosse a vario titolo dal pm della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, Francesca Sorvillo, ai 4 imputati: alla sbarra, oltre ad Adriano Bellacosa (per il quale sono stati chiesti un anno e 4 mesi di carcere), ci sono il costruttore Giuseppe Langellotto, titolare dell’impresa edile chiamata a eseguire i lavori, Lucio Grande e Dario Perasole, i due commissari ad acta nominati dalla provincia di Napoli, che nel 2010 diedero l’ok alla realizzazione del maxi-parcheggio nonostante – come riferito a processo dall’avvocato Johnny Pollio, legale del WWF penisola sorrentina  - “la normativa urbanistica” dimostrerebbe “l’impossibilità di costruire un parcheggio interrato in zona 6 del Piano urbanistico territoriale”.

Per gli ambientalisti, la legge ammetterebbe in vico Rota solo edilizia scolastica, parcheggi pubblici, aree a verde o di interesse comune. A rischiare la condanna, oltre a Bellacosa e nonostante l’ennesimo rinvio, anche Langellotto, Grande e Parasole. Per tutti il pm ha già richiesto una pena a 2 anni di reclusione.

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