“Ho detto ai poliziotti di non prendermi le impronte a computer, potrebbe mischiare un virus nel mio corpo. Hezbollah significa amo il mio Dio, non che sono un terrorista libanese. La catena di ferro addosso? La porto perché noi in vita siamo deboli. Il ferro ci dà forza. Lo dice anche il Corano”. Nessun collegamento con l’Isis e un arresto per resistenza ai poliziotti, frutto più della recente psicosi ‘anti-Islam’ che della reale minaccia di un attentato nel centro di Sorrento.

E’ stato scarcerato oggi, dal giudice Antonio Pepe del Tribunale di Torre Annunziata, Bouazza Laafou, il 27enne marocchino fermato ieri in viale Nizza da tre agenti con Kandura (classica tunica medio-orientale), copricapo, fare ‘sospetto’, barba lunga, zaino in spalla e Corano in mano. Il giovane, con un piccolo precedente per armi (due anni fa fu trovato a Salerno dopo una lite, con biglie e bulloni addosso), si era rifiutato di sottoporsi ai rilievi dattiloscopici della polizia di Sorrento. Polizia allertata dalle segnalazioni dei residenti, che forse già pensavano a una minaccia terroristica in Costiera dopo la tragedia del ‘Bataclan’ a Parigi. “L’ho fatto perché lasciando le impronte avrei perso la mia energia – si è difeso il ragazzo di fede islamica in aula - . "Voi non capite. Io sono in un altro giro della vita".

Risposte un po’ sconnesse, difficili da decifrare anche per il giudice, che ha liberato il marocchino (difeso d’ufficio dall’avvocato Carmine Iovino) ordinando però una perizia psichiatrica sul ragazzo. L’incarico al perito sarà dato alla prossima udienza del processo, che si celebrerà con rito alternativo a fine novembre.

Laafou, trasferito ieri dopo il suo arresto a Napoli, è stato obbligato all’accertamento coattivo. Sotto la tunica, il marocchino indossava una catena di ferro: “Mi dà energia, lo dice anche il Corano. Noi siamo deboli e il ferro ci rafforza” – la sua ultima spiegazione - prima di tornare libero. 'Kandura', zaino in spalla e Corano in mano .

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