Torre A., duplice omicidio Scognamiglio: parte il processo ad Andrea Gallo
Per l’Antimafia il ‘baby-boss’ è l’autore dell’agguato di camorra in via Andolfi
14-06-2015 | di Salvatore Piro

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E’ iniziato a Napoli con l’accusa di duplice omicidio il processo a carico di Andrea Gallo (23 anni, in foto), rampollo del clan Gallo-Limelli-Vangone di Boscoreale e fratello di Giuseppe, alias ‘Peppe o’ pazz’, oggi al 41-bis in carcere a Cuneo. Per il pm della Dda partenopea, Pierpaolo Filippelli, fu infatti lui, Andrea Gallo, a freddare con diversi colpi di pistola esplosi da una calibro 9 Luger i fratelli Giovanni e Roberto Scognamiglio, ammazzati nella loro villetta di via Andolfi, al confine tra Torre Annunziata e Pompei, la notte tra il 30 e il 31 maggio 2014.
L’INCHIESTA “Una discussione finita in tragedia, forse per questioni d’affari, per una partita di droga mai pagata dai fratelli Scognamiglio al clan”: questa la prima ipotesi al vaglio degli inquirenti (le indagini a maggio vennero affidate alla Polizia di Torre Annunziata, agli ordini del primo dirigente Vincenzo Gioia e del vicequestore Elvira Arlì) quando, irrompendo in piena notte a via Andolfi e sulla scena del crimine, trovarono due cadaveri immersi in una pozza di sangue. Le indagini si tinsero però subito di ‘giallo’.
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Un giovane (Andrea Gallo, appunto), proprio quella notte fu lasciato agonizzante all’esterno dell’ospedale di Boscotrecase, scaricato lì da due complici non ancora identificati. Il presunto killer degli Scognamiglio, per la Dda, fu ferito quasi mortalmente all’addome nel corso della violenta discussione avuta poco prima nella villetta dei due fratelli. Operato d’urgenza, Andrea Gallo finì prima in coma farmacologico al Loreto Mare, poi in cella a Secondigliano.
Il proiettile che quasi uccise Gallo non fu mai ritrovato. Secondo la ricostruzione dell’Antimafia fu sua sorella Michela (36) a fare presunte pressioni sui medici per ‘far sparire’ una prova a dir poco schiacciante. Per questo anche Michela Gallo finì in manette per minacce il 15 dicembre scorso mentre con la madre, Rosaria Vangone, anche lei detenuta ma a Lecce, stava recandosi presso il carcere della città pugliese.
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