Cosa succede quando, al ballottaggio, uno dei due candidati decide di abbandonare la corsa? Si vota lo stesso? Alfano ha firmato il ritiro? Sono queste le domande che per tutto il pomeriggio di ieri sono rimbalzate sui marciapiedi, nei bar e sui social, dopo l’annuncio di Carmine Alfano di dire basta e lasciare la campagna elettorale.

Il leader del centrodestra non ha retto alla pressione mediatica dopo lo scandalo degli audio pubblicati in rete, nei quali si sente il primario e candidato sindaco usare un linguaggio volgare, violento ed omofobo durante i corsi all’Università di Salerno con i suoi specializzandi. Alla vigilia del voto il prof, direttore dell’Unità di Chirurgia Plastica dell’Ateneo di Salerno, getta la spugna. E ora cosa accade? Domande alle quali molti cittadini cercavano risposta, provando a divincolarsi tra tuttologi e improvvisati esperti di diritto amministrativo i quali, soprattutto sui social, si sono lanciati in fantasiosi scenari, alimentando un caos e una disinformazione galoppante.

Proviamo a fare chiarezza, affinché i cittadini di Torre Annunziata siano consapevoli dello scenario dei prossimi giorni.

Domenica 23 e lunedì 24 giugno si vota regolarmente. E liberamente i cittadini potranno apporre la X su uno dei due nomi tra Corrado Cuccurullo e Carmine Alfano. “Ma Alfano ha annunciato che si fa da parte, quindi cosa succede?” chiedono in tanti.

In effetti la dichiarazione di Alfano rappresenta solo una volontà politica, che non impegna il candidato né dal punto di visto formale, né legale. Non esiste di fatto una norma che disciplina il caso di specie. L’unico riferimento è la normativa relativa ai candidati al consiglio comunale: la legge prevede la possibilità per un candidato al consiglio comunale di ritirarsi presentando la rinuncia alla Segreteria del comune entro il termine previsto per la presentazione delle candidature. E non è questo il caso di Alfano.

Nel vuoto quindi normativo, gli unici riferimenti sono le sentenze civili e le disposizioni ministeriali. La circolare del Ministero dell’Interno (la num. 118 del 15 ottobre 1993) esclude la possibilità di rinunciare alla candidatura per i candidati alla carica di sindaco ammessi al ballottaggio. Mentre sul piano giuridico l’unico riferimento è la sentenza del TAR Calabria del 2004. In quel caso il tribunale amministrativo dichiarò legittima la decisione del Prefetto di far svolgere la votazione del ballottaggio, nonostante l’espressa rinuncia ufficializzata da entrambi i candidati.

Nulla invece c’entra il riferimento normativo richiamato, tra gli altri, dal senatore Mazzella in una nota inviata alla Prefettura. L’esponente dei 5 Stelle ha scritto ieri al Prefetto per avere ragguagli sulla vicenda, chiedendo se in questo caso è applicabile l’art. 72, comma 6 di cui al 18 agosto 2000, n. 267. La norma disciplina il ballottaggio in caso di impedimento permanente o decesso di uno dei due candidati. In questo caso partecipa al ballottaggio – prevede la norma - il candidato che segue nella graduatoria. E’ evidente che questo non è il caso, visto che nessuno è deceduto e nessuno è nelle condizioni di evidente impedimento. Talmente evidente che delle due l'una: o Mazzella non vede la differenza tra volontà di ritirarsi e decesso e/o impedimento permanente, oppure la vede ma pur di intervenire sulla questione, dice la qualunque.

In conclusione, domenica 23 (dalle 7 alle 23) e lunedì 24 (dalle 7 alle 15) i seggi saranno aperti e si voterà regolarmente. Non essendo previsto il quorum minimo, la votazione sarà valida in ogni caso e sarà proclamato sindaco chi prenderà un voto in più dell’avversario.

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